Friday, December 30, 2011

12esima edizione di Canestri senza reti. D


Prviiiiiiiiiiii !!!!!!!!!!
Majstoriiiiiiiiiiii !!!!!!!!!!!!!!
Najveci u svemiru !!!!!!!!!!!!!!

17.00 (Cena) 1° - 2° CACAK - BADALONA: 97-74

Stojanović Mitar, Stojanović Đorđe e Jovančević Uroš migliori giocatori !!!

Ne mogu da verujem !!!



grandi, grandissimi, veliki, najboljiiii

Per vedere le foto cliccate qui

Thursday, December 29, 2011

12esima edizione di Canestri senza reti. C

La terza giornata del torneo Canestri senza reti 2011 è stata a dir poco stra fantastica !!!
Prima io e Sandra in autostrada con la musica serba a tutto volume e noi a cantare e a tradurre e io che ho sempre capito tutto sbagliato.. che ridere ...!!!


All'ostello, il gestore, ci fa vedere il nuovo monumento fatto con i pezzi di auto e mi attende una sorpresa incredibile : è arrivato Mihailo !!!
Lui è la bella copia di Brad Pitt e tutte le mia amiche sono gelose .. che bello !!!


Io e Sandra iniziamo un discorso di politica balkanika mentre ci dirigiamo alla palestra Cena per assistere alla partita di semifinale Cacak - Arona.
Siamo solo in 7 a fare il tifo per Cacak contro un centinaio di persone che fanno il tifo per Arona, ma facciamo più caos noi 7 e siamo organizzatissimi.
Un signore dietro me e Sandra urla "padania libera" a ogni canestro di Arona finchè io e Sandra parliamo serbo, poi si stringe in se stesso allorchè io e Sandra parliamo italiano e, infine, tanto per terminare la sua brutta figura chiede a Sandra : ma tu sei di qua ? Perchè non sei rimasta a casa ?
Ma che ci vuole ad arrivare con un kalasmikof ? La prima guerra balkanika padana sta per partire quando io e gli altri filoserbi rimaniamo estasiati dalla partita.
Davvero una grande bella partita in cui la padania ha perso perchè il risultato finale è chiaro : CACAK - ARONA: 93-77 .. poveri padani !
In particolare Uros Jovancevic gioca davvero da Dio, nonostante un infortunio del giorno prima. Grande Urke !


Domani è il gran giorno .. Cacak se la vedrà con Badalona !!
Ma come .. nemmeno una squadra padana in finale ?? Uaaaahhhhh !!!!!! ah! ah!

Risultati delle partite

Auguri grandissimi a Mirza di Tuzla nel giorno del suo compleanno !!!

Mladost Cacak team

Wednesday, December 28, 2011

12esima edizione di Canestri senza reti. B


La seconda giornata del torneo Canestri senza reti 2011 ha visto, aimè, la rovinosa caduta della squadra di Tuzla e la vittoria dei croati e dei serbi.
Tuzla ha patito tantissimo la mancanza di tifo e questa è una questione molto vecchia, ma sempre attuale. Io ho pianto coi bambini bosniaci, ma tutto è un gioco e quindi per tale lo dobbiamo prendere.
Incrociamo le dita per Cacak che è in semifinale e forse anche Petrovic .. ma indovinate qual'è anche quest'anno il tema dominante ? Fare shopping e cercare Nike.
Orrore !!!!!!!!!


9.30 (Cena) AUXILIUM – GUSSAGO: 51-49

9.30 (Falcone) PETROVIC – MAROSTICA: 71-29

11.15 (Cena) CACAK – PADOVA: 70-56

11.15 (Falcone) ANCONA – CROCETTA: 68-50

15.00 ( Falcone ) NOVARA – PMS: 48-79

15.00 (Cena) TUZLA – DESIO : 25-50

16.45 (Falcone) PETROVIC – CROCETTA: 88-61

16.45 (Cena) ANCONA – MAROSTICA: 35-33

Risultati del torneo

Tuesday, December 27, 2011

12esima edizione di Canestri senza reti. A

Che giornata fantastica che abbiamo passato io (Lina) e Sandra e Maria !
In pieno massimo spread, Paolo e i ragazzi della Lettera 22 sono riusciti a rifare il miracolo !


Alle 13.30 partiamo, io e Sandra, e arriviamo in una Ivrea senza neve (forse per la prima volta) e ci dirigiamo all'ostello dei Salesiani che ospita i ragazzi. E' il primo giorno del torneo e ancora ci si deve oliare..
Apprendiamo con rammarico che non c'è la squadra di Kragujevac, ma c'è Mihajlo, che però si è fermato a Milano per due giorni e arriverà con ritardo.
Gli altri ci sono tutti : Sibenik e Tuzla e quando vedo Mirza scoppio in lacrime di gioia.
Sandra è di Belgrado e , nonostante la traduttrice in madre lingua, non ci si riesce a far capire dalla squadra di Cacak.


Alla fine della fiera scendiamo nel centro del paese con i croati e ci dirigiamo ai giradini da dove partirà il corteo per il benvenuto del sindaco in comune.
Come al solito i ragazzi ridono del mio serbo, ma hanno imparato un po' di italiano e mi dicono : parla italiano, non capisco se parli serbo e me lo dicono in italiano !!
Ok Lina, ripassa, ripassa !!
Per le vie di Ivrea è una ovazione al cartello di Cacak e tutti gridano : Serbia, Serbia !!


Alla fine il benvenuto a Cacak lo ritira un ragazzo di Tuzla.. e va bene lo stesso.
Paolo ha un solo credo : Cacak vincerà !
Bene.. incrociamo le dita !!!



Al via la 12^ edizione di “Canestri senza reti”

Sito ufficiale all'interno del quale potrete trovare le ultime news

Come anticipatovi quest'anno alcune partite di CsR andranno in diretta o in differita via Web su http://www.teleivreacanavese.tv. Alcune semifinali e le finali saranno trasmesse dal sito eporediese. Dopo alcune verifiche tecniche sapremmo se sarà possibile seguire in diretta le partite via internet o vederle in differita.

Sunday, December 25, 2011

Tesanovic Vladan e il folk reloaded


Non credo che nessuno di voi si ricordi del gruppo di Tesanovic.
A dir la verità non me ne ricordavo più nemmeno io anche perchè credevo di stargli antipatica poichè non avevano mai risposto alle mail.
Bè , mai dire mai ! Mi hanno risposto dopo due anni !!!

KUD "Djoka Pavlovic-Sopske

Il nostro primo post

Il gruppo Abrasevic

Friday, December 16, 2011

La Sarajevo di Bruno

Ragazzi che fatica !! Dopo aver chiesto e supplicato che Bruno ci raccontasse la sua visita a Sarajevo, ho dovuto capitolare e vi racconto io le sue impressioni, anche se le cose riportate non sono mai come quelle raccontate dal diretto interessato.
Bruno ama tanto viaggiare ed è stato in quasi tutta Europa e in Africa.


La Bosnia attrae chiunque e Bruno ha avuto una buona occasione per visitarla : un militare di alto grado che dall'Albania è venuto fino a Sarajevo per fargli visitare la città.
Sarajevo è una città martoriata dalla guerra e Bruno la gira tutta in lungo e in largo con il suo amico tenete colonnello che gli racconta soprattutto i luoghi di battaglia e gli fa vedere i segni nei muri e i colpi di Kalasmikof nei pavimenti.
La guerra di Bosnia venne combattuta tra le forze del governo bosniaco, che aveva dichiarato l'indipendenza dalla Jugoslavia, da una parte, e l'Armata Popolare Jugoslava (JNA) e le forze serbo-bosniache (VRS), che miravano a distruggere il neo-indipendente stato della Bosnia-Erzegovina e a creare la Repubblica Serba di Bosnia-Erzegovina, dall'altra. Ha perso l'armata popolare, quella che adesso passa per cattiva !


Sarajevo è da sempre città multi-etnica e multi-religiosa, al suo interno convivono tre diverse religioni: l'islam, il cristianesimo (con due confessioni: cattolica ed ortodossa) e l'ebraismo. Il grande clima di tolleranza e rispetto tra queste confessioni ha portato a soprannominare Sarajevo la Gerusalemme d'Europa. I rapporti tra queste fedi si sono incrinati in seguito alle guerre jugoslave e Bruno vede tutte queste chiese e si stupisce di tanta diversità.
In particolare Bruno rimane colpito dalla Biblioteca nazionale non ricostruita.
Vanno sulle colline, da dove tiravano i cecchini e vedono che adesso ci sono tanti bar e luoghi di ritrovo da cui si vede la città.
La serata più bella Bruno la passa con il suo amico e altri italiani in una bellissima birreria del centro. Un locale famoso di cui non si ricorda il nome, ma scommetto che lo troviamo. Chi ne sà qualcosa della Sarajevska pivara ?????



Un video su Sarajevo
Enrico Ruggeri 'Primavera a Sarajevo'
La birra !

Tuesday, December 6, 2011

Rafaelo kulgice

Ah.. no !!! Scusate ma alle perline di Raffaello di Dragana .. io .. proprio.. non so' resistereeeeeeeee !!!!


Potreban materijal:

400g šećera
250ml vode
160g margarina
400g mleka u prahu
300g kokosovog brašna
1 kesica vanilin šećera
100g badema ili lešnika

Priprema:

Staviti vodu u šerpici na šporetu, kada provri dodati šećer i margarin pa kuvati na vatri nekih 5 minuta. Skloniti sa vatre i staviti mleko u prahu i 200g kokosovog brašna mešajući sve vreme. Ostaviti da se masa prohladi pa praviti kuglice. Uzimati po malo mase i oblikovati kuglicu, u svaku staviti komad badema ili lešnika i oblikovanu kuglicu valjati u kokosovo brašno. Ostaviti da se stegnu u frižideru pre služenja.

Rafaelo kulgice by Dragana

Sunday, November 27, 2011

Amaro Montenegro


Se Buonanno della Lega nord se ne è uscito con : ''La Padania esiste, la prova è il Grana Padano'', mi sono chiesta se l'Amaro Montenegro è la prova che il Montenegro esiste.. ma aimè ! Lo fanno a Bologna !!!

L' Amaro Montenegro è un amaro italiano prodotto per la prima volta nel 1885.
Il creatore dell’amaro fu Stanislao Cobianchi, un nobile bolognese predestinato dalla famiglia alla carriera ecclesiastica. Per sottrarsi al suo destino Stanislao fuggì da Bologna girando per il mondo. Durante il suo soggiorno nel principato del Montenegro venne colpito dalle strepitose proprietà digestive di una bevanda detta Karik. Ritornato in Italia si impiegò in una liquoreria piemontese dove, imparato il mestiere, riuscì a riprodurre la ricetta della bevanda montenegrina. Tornato a Bologna aprì prima un piccola bottega di liquoreria e successivamente una distilleria per la produzione dell'Amaro Montenegro. La bevanda fu molto apprezzata, al punto che Gabriele d'Annunzio la definì liquore delle Virtudi.

Amaro Montenegro
Luciana Litizzetto spiega il perchè di un minuto di silenzio difronte a tanta poca intelligenza !
Se non si apre il link cercate sul sito rai.it la puntata del 27/11/11 di Che tempo che fa

Segnalato dalla fantastica Chiara il Maraschino è un liquore originario della Dalmazia

Wednesday, November 23, 2011

Bruce Lee . Tvoj Mostar


Una crew così fantastica non si era mai vista !

E' bastato postare il convegno sulla cooperazione internazionale che si è svolto a Torino per far scattare la scintilla balkanika al nostro Dio sceso in terra Daniele e far si che mi inviasse questo filmato che ha dell'incredibile !!!
Davvero grande Eric Gobetti e davvero grandi i suoi collaboratori.
Io tanto per cambiare mi sono di nuovo innamorata, ma tanto lo avrete capito.. lo faccio ogni 3 x 2.
Guardate Nino Raspudic' quanto è bello, bravo, intelligente e ascoltate cosa dice degli italiani !!!!!!
Nino presidente del Parlamento italiano.. vieniiiiiiii !!!!!
E la traduzione l'ha fatta Gordana !!!
Fantasticoooo !!!

Per vedere questo bellissimo video cliccate qui.

E dedicata alla nostra fantastica crew : Stoja - Zena Starija
La Balkania era una vecchia signora signora da tradire, ma chi tradisce, tradisce solo se stesso !!!


Sunday, November 20, 2011

Magico Niko e magica Fanfara !


A venti anni dai primi sbarchi sulle coste pugliesi, la tradizione musicale albanese e quella salentina si incontrano creando un ponte ideale sul Canale d'Otranto. L'allegria e l'energia della celebre Fanfara di Tirana, con l'incredibile voce di Niko Zela, incontra la pizzica esplosiva del Canzoniere Grecanico Salentino, il più antico e rappresentativo gruppo pugliese di musica popolare. Un evento unico, per uno spettacolo travolgente, ricco di colore, ritmo e magia, che celebra in musica e danza l'unione di due popoli dallo spirito indomito. Lo spettacolo è stato presentato in anteprima nel Ghironda Summer 2011 a Francavilla Fontana, riscuotendo un buon successo di pubblico e di critica.
Fanfana Tirana, considerata oggi tra le più belle brass band balcaniche, ha suonato nei più prestigiosi festival internazionali. Nel 2012 esce il nuovo progetto con i Transglobal Underground.
Nato nel 1975, il Canzoniere Grecanico Ssalentino è il primo e più antico gruppo di musica popolare salentina ad essersi formato in Puglia. Dal 2007 la conduzione passa dal fondatore Daniele Durante al figlio Mauro, affermato tamburellista e violinista che collabora con La Notte della Taranta. Miglior gruppo MEI e selezione Babel Med 2010 e globalFEST 2012.
Sabato 26 novembre alle ore 23.30 - 27 novembre alle ore 2.30. Fiera del Levante.


Fanfara Tirana
Fanfara su balkan crew

Monday, November 14, 2011

Nole dinuovo da Fiorello !!!


Fantastico !!! Nole dinuovo ospite nella prima puntata del programma : "Il più grande spettacolo dopo il weekend", ma che vedo ? C'è la fidanzata di Nole !!
Ma quando si è fidanzato ? Non sapevamo nulla !!!!!!!!!!!!

Con due numeri uno a condividere lo stesso palcoscenico, non può che essere un successo. Novak Djokovic è stato l'ospite di punta per il debutto su Rai1 in prima serata della nuova trasmissione dello showman siciliano, "Il più grande spettacolo dopo il weekend" e non ha deluso il pubblico italiano, soprattutto chi ignorava la sua simpatia e le sue innati doti di intrattenitore.
Accompagnato dall'inseparabile compagna Jelena, il numero uno del tennis mondiale, in smoking e sneakers bianche, sta al gioco. Viene presentato cosi: "È il numero uno al mondo, non lo batte nessuno. Li ha battuti tutti". Il serbo regala al presentatore la racchetta (è senza corde e Djokovic dice: "Forse in 15 anni impari...") e la maglietta con cui ha vinto gli Us Open, più quella usata al Foro Italico. Fiorello risponde con la giacca gialla usata per il Karaoke nel 1992 e un improbabile cappellino provvisto di coda alla Agassi. Arriva la domanda sugli avversari di sempre , Federer e Nadal ("I più difficili", ammette Djokovic) e sugli italiani ("Temo solo Fiorello"). Così, entra la rete nello studio per il momento clou.
Non può mancare infatti la partita a tennis improvvisata: i due si sfidano usando due padelle. Vince Fiorello per tre punti a due, prima di un balletto che chiude l'esibizione di Nole. Perfettamente a suo agio nei panni del ballerino, nonostante "avessimo provato solo 5 minuti prima di andare in scena". Del resto quando due numeri uno si mettono insieme...
Tratto dalla Gazzetta dello sport

Qui le immagini relative a un vecchio programma
Il video di Djokovic da Fiorello

Sunday, November 13, 2011

Promettilo !


Ho visto un film fantastico !!!

Protagonista Tsane, un giovane serbo che vive con il nonno e la mucca Cvetka in un villaggio praticamente abbandonato su una remota collina. Negli ultimi istanti della sua vita, l’uomo chiede al giovane di esaudire i suoi ultimi tre desideri: vendere la mucca, comprare l’icona di un santo e trovare una moglie.
Il protagonista si troverà dunque nel bel mezzo di una serie di situazioni paradossali finché non incontrerà Jasna.
Nel cast troviamo Uros Milovanovic, Marija Petronijevic, Ljiljana Blagojevic, Aleksandar Bercek, Kosanka Djekic, Miki Manojlovic, Stribor Kusturica, Vladan Milojevic.

Promettilo .. di Emir kusturica

Tuesday, November 8, 2011

Il progetto di Kusturica a Visegrad


Per girare i suoi due prossimi film, Emir Nemanja Kusturica, costruirà un'intera città! Per quest'occasione Kusturica ha incontrato il presidente della Repubblica Serba di Bosnia-Erzegovina, Milorad Dodik, a Visegrad. Nei dintorni della piccola città con il famoso "ponte sulla drina" veranno costruiti una cinquantina di edifici in pietra (reciclate da case distrutte dell'Erzegovina) che costeggeranno il fiume Drina e questa mini-città si chiamerà Andric-Grad (la città dedicata al Premio Nobel della letteratura Ivo Andric) e dovrebbe rendere l'idea di Visegrad nel periodo in cui fu eretto il ponte. Infatti Kusturica, oltre a realizzare il suo prossimo film "Pancho Villa" nel set di Andric-Grad, vuole girare lì anche "Il ponte sulla Drina".


Un 3D del progetto di Andric-Grad che verrà finanziato in gran parte da Kusturica stesso e con bel contributo della Repubblica Serba. Visegrad darà il terreno e la ditta "Elektroprivreda" sponsorizzerà la corrente.


Quando ho sentito questa notizia, in un primo momento mi sono chiesta se può funzionare un progetto di queste dimensioni in una cittadina piccola e un po' addormentata (guardate un po' le foto di Visegrad nei miei vecchi posts qui su balkan-crew e qui su Sajkaca). Poi mi è venuto in mente che orrore stanno realizzando a Skopje, cercando di sbattere lì una certa quantità di edifici, venuti dal niente creando una spece di set storicista.

Ma poi ho pensato che Kusturica ha già realizzato Drvengrad (la città di legno) un villaggio interamente costruito di legno in stile rurale serbo, e nonostante si trova sempre qualche critica, lo considero un progetto riuscito bene!

Anche per Andric-Grad ci sono però già le prime critiche, e non riguardano l'architettura, ma, per esempio, alle vittime di guerra musulmane da fastidio che il progetto viene realizzato da un regista serbo e sostenuto da parte serba. Ad altri da fastidio che Kusturica bazzica intorno a politici nazionalisti serbi. Kusturica da parte sua, sottolinea che l'intenzione è di creare qualcosa d' importante per i Balcani e di dedicare a Ivo Andric la giusta attenzione che si merita.

 Ivo Andric daavanti al "suo" ponte

Saturday, November 5, 2011

Tifa & Elvira - Baraba

Ecco.. lo sapevo.. mi sono di nuovo innamorata !! Stavolta il cuore non mi ha detto proprio bene perchè il mio nuovo amore Tifa ha una carriera un po' discussa a causa di alcuni comportamenti non sempre corretti, ma alla fine della fiera, è stato un bianco bottone e questo lo fa diventare fantastico !!!



Oprosti sto sam bio baraba, jer nisam znao da si tako slaba, nisam znao da ces plakati.
Bila sam dijete, i nisam znala koliko suza za ljubav treba, nisam znala da ce prestati
A sada idem sto dalje od tebe i ne dam da mi srce skamene!
A sada idi sto dalje od mene, idi ljubi ti, idi ljubi ti nekog ko ce tebe voljeti
Ja sam te uvjek ljubio lazno i meni nije bilo vazno, dal me volis ili ne volis
Bila sam djete i nisam smjela ,samo sam malo ljubavi htjela al to ce znati nakon price djavoli

Per ascoltare il brano, cliccate : Baraba. A sada idem
Elvira Rahic
Tifa (Mladen Vojičić)
BIJELO DUGME(TIFA)-LIPE CVATU (Sarajevo 2005)
Bijelo dugme - Turneja 2005 - Tifa
Tifa e i 200.000 ragazzi di Belgrado !!!
Cadono le stelle !!!
Evo zakleću se (BG)
Kad bi bio Bijelo Dugme - Alen & Tifa & Zuzi Zu
E infine , la canzone più bella del mondo :
Ako ima boga .. anche se qui Tifa non c'è !!

Sunday, October 30, 2011

Eyot i Nirvana del jazz

Carissimi,
non ho più capito niente ! Daniele ci dato un link tradotto in italiano. Chi è stato nin sò, ma ha fatto cosa buona e giusta !


Si chiamano EYOT. Nascono in Serbia, nella città di Nis, dove naque anche COSTANTINO il GRANDE, il primo imperatore Cristiano di Roma, di madre Serba, che trasformò il Cristianesimo da una piccola setta dei perseguitati in una delle religioni più importanti oggi e lo fece in un arco di soli cento anni!
In altre parole: grandi si nasce! EYOT sono così: GRANDI! Basta percorrere la loro discografia per capire che ci troviamo davanti ad una delle più importanti giovani Jazz band d’Europa. Parlando di loro i BIG del JAZZ non hanno badato a spendere i loro migliori complimenti per EYOT. Dopo averli sentiti si capisce il Perché!
EYOT sono: Dejan Ilijic – Piano; Sladjan Milenovic – Chitarra; Milos Vojvodic – Batteria; Marko Stojiljkovic – Basso.

Eyot, i Nirvana del jazz
Nas ljubav Dejan

Sunday, October 23, 2011

Era meglio prima...


Si sà che qui piovono solo favole, ma l'ultima che ci è caduta come una stella, è davvero speciale. Un militare che in Kosovo e in Afganistan ha perduto il senso della ragione poichè era tra quelli chiamati a spegnere gli incendi causati dalle bombe e a recuperare i corpi carbonizzati. Si chiama G. e a lui va il nostro affetto

Ehy tipaaa! Era meglio con J-Ax quando stava con gli Articolo,
Bill Clinton suonava il sax, ma intanto bombardava il Kossovo..

Per vedere il video di J AX cliccate qui



Saturday, October 15, 2011

Una favola di nome Elena

Il viaggio in Albania è stato...Forte.
Non ho altri aggettivi che possano racchiudere e riassumere tutte le emozioni vissute giorno per giorno, quindici per l'esattezza.


Già, proprio così: io e Riccardo abbiamo avuto modo di toccare con mano una realtà diametralmente opposta a quella in cui viviamo, ed il tutto semplicemente al di là di uno stretto mare. Chi l'avrebbe mai anche solo immaginato?
Il caldo è stato torrido, soprattutto a Tirana dove alle 16.30 del pomeriggio ho fotografato le colonnine che segnavano 45.5 gradi... La città sembrava magicamente, cadere in una sorta di letargia nella ore pomeridiane, per poi risvegliarsi verso le 17.00 in un turbinio di rumori di serrande di negozi che si alzano all'unisono, e di profumi di pannocchie arrostite pazientemente lungo i marciapiedi. E Tirana, a mio avviso, merita di essere girata a piedi. Solo così si ha modo di sperimentare cio' che in realtà è, di comprendere la sua planimetria che altrimenti dalla guida, risulta riduttiva. Troppo. E solo così, si possono notare quei piccoli dettagli che la dipingono e contraddistinguono in modo così strano e particolare.
Io e Riccardo, nonostante un'assicurazione medica stipulata prima della partenza, abbiamo avuto modo anche di sperimentare la totale impotenza. Il mio ragazzo, infatti, è stato male, e abbiamo dovuto ricorrere ad un ospedale pubblico visto che la figura della guardia medica non sembra esistere, nemmeno se chiamata da un hotel, e in agosto le cliniche e i dottori privati sembravano tutti in ferie. Siamo finiti al reparto Infektive dell'Ospedale Nene Tereza di Tirana e le condizioni, purtroppo, erano a dir poco fatiscenti. Il personale si è adoperato alla meglio per aiutarci, abbiamo avuto anche la fortuna di trovare un'infermiera molto brava (e bella, come sottolinea di continuo Riccardo ) che parlava italiano molto bene. Mentre attendevo, ripetevo continuamante tra me e me "Com'è possibile che, ad un ambiente così degradato dal punto di vista strutturale, corrisponda poi, un ambiente umano così disponibile e gentile?" Ma...più di una puntura e di una flebo di soluzione fisiologica, non c'è stato modo di far nulla. Mancavano medicinali, quelli che c'erano erano scaduti e loro stessi si vergognavano a farmi vedere come sui fondi di bottiglie di plastica tagliati a 'mo di scodelline, ci fossero manciate di pastiglie e pillole buttate ala rinfusa. Guardavo l'infermiera annotare tutto a mano su di un registro, perchè nulla è ancora computerizzato. Nel 2011. Pazzesco.


E il tutto a inizio vacanza. Vi lascio immaginare come potevamo sentirci all'idea di doverci poi, mettere in auto alla volta del nord, dipinto dagli abitanti della capitale come "arretrato e lontano".
Niente sud. Niente mare. Purtroppo abbiamo perso giorni nel tentativo di riprenderci a Tirana.
Al nord, per fortuna,tutto è andato meglio: sono riuscita a reperire le fonti di cui tanto avevo bisogno, grazie ad una zia dei miei vicini di casa che...è riuscita a farsi aprire anche la biblioteca dell'Università di Shkodra, altrimenti chiusa per inventario. Ho visitato posti inimmaginabili, seguendo strade (strade?) e sentieri dove l'auto sembrava abbandonarci a piu' riprese. Il tutto seguendo sempre i miei vicini di casa, che abitano a Bushat e si sono resi davvero disponibili ad aiutarmi.
A Shkodra ho visitato i diversi conventi: e l'incontro con Suor Anna alla Chiesa Francescana, mi ha poi aperto le porte anche del convento delle Suore Clarisse. Con Suor Sonia sono in contatto via mail... è stata davvero una persona disponibile, come tutti quelli che ho trovato. La situazione dei conventi, la paziente dedizione delle suore che cercano pian piano di ricostruire e risistemare i locali, meriterebbero un racconto a parte. E non escludo che scrivero' di tutto questo, ancora. Perchè chiunque faccia un viaggio come il mio, deve essere preparato a quello che troverà. E ancora non basta per dire di sentirsi a proprio agio. La periferia di Shkodra, lungo la linea ferroviaria che una volta collegava l'Albania con la Yugoslavia (oggi con il Montenegro) è un luogo dove anche la polizia passa e... non si ferma. Criminalità ? Forse, non saprei. Famiglie chiuse in casa per vendetta, scese dalla montagne circostanti per mancanza di lavoro. Povertà e arretratezza. Bambini che giocano tutto il giorno sui binari, case costruite con ciò che si è trovato in giro, donne schiacciate dal peso di una realtà dura, inimmaginabilmente dura. Anche qui...prometto di scrivere, scrivere, scrivere. Perchè c'è bisogno di informazione...


Sono riuscita anche a visitare anche Rreshen, città natale della lettrice di lingua albanese dell'Università presso cui studio, Anila Alhasa. Abbiamo avuto modo di ottenere anche un'intervista con lo scrittore Ndue Dedaj, una persona tanto colta, quanto umile e disponibile. Mi ha regalato una copia del suo romanzo proprio sul Kanun, peccato che essendo scritto interamente in albanese e non tradotto... dovro' farmelo tradurre da qualcuno per capire meglio cio' che ci siamo detti durante l'intervista...
Rreshen non sembrava affatto abituata alla presenza di turisti: il costo della vita è bassissimo rispetto al resto dell'Albania, le persone sono molto guardinghe e scrutano in modo sospettoso i nuovi arrivati, ma ci siamo trovati bene. La città è un cantiere a cielo aperto: la lettrice mi spiegava come, le persone, stiano tentando di risistemare le case, restaurare muretti e aree pedonali, giardini e monumenti, e il tutto di tasca propria. E' una cittadina che ha capito che dovrà risollevarsi da sola, con l'aiuto delle persone che lavorano all'estero e rientrano d'estate, portando con sè denaro per i dovuti interventi strutturali. E braccia, voglia di fare, voglia di vedere una città rinascere dalle sue stesse ceneri. "Come l'araba fenice" non facevo che pensare tra me e me. Ci sono bambini curiosi per le strade, che appena ci hanno avvistati in centro all'ora di cena, non ci hanno piu' lasciati. Di Rreshen mi sono rimasti gli occhi curiosi delle persone, quelli dei bambini soprattutto. Il profumo del pane appena sfornato, le chiacchere in centro attorno ad una scultura moderna di cui quasi tutti sembrano ignorare il perchè sia collocata proprio lì, così lontana e distante dallo stile degli edifici adiacenti. Il museo è la parte che piu' mi ha colpita: abbandonato a se stesso, con i soldi raccolti ha sistemato il piccolo giardinetto all'ingresso.
Il direttore, un pittore ora in pensione, ci ha spiegato come, dopo il 1991, i cimeli siano stati accatastati in attesa che qualcuno arrivi lì a dar loro un ordine. Prima troneggiavano gli eroi della patria, l'arte del periodo comunista in primo piano. Ma ora, l'ordine non esiste piu', e le persone non sanno cosa collocare e dove.
Le vetrinette sono per lo piu' rotte e aperte, perchè "...quello che potevano prendere, l'hanno già preso..." e la gente si chiede se mai qualcuno dall'estero verrà a dare un po' di oggettività storica nella disposizione di cio' che rimane. Ci hanno fotografati, perchè "...se mai apriremo un sito, facciamo vedere come anche gli stranieri vengano qui..."... Inutile dire che la cosa mi ha fatto sorridere, ma amaramente.



Ho avuto modo di visitare anche Kruja: bellissimo il castello-museo, tenuto benissimo e completamente restaurato. Come pure il bazar esterno, una decina di negozietti con oggettistica di dubbia provenienza...credo che anche qui sia arrivato il "made in China", ahimé. Molti i turisti turchi, molti gli scatti su di una terrazza panoramica stupenda. Perchè l'Albania ha questo: paesaggi e viste mozzafiato. E l'Albania è questo: persone sorridenti e disponibili, uomini che parlano tra di loro tra colpi sulla spalla e strette di mano, partite a scacchi o domino infinite lungo la strada, bambini i cui occhi curiosi aprono il cuore fino alla commozione. Profumo di caffè, di pannocchie arrostite... papere che camminano indisturbate alla pompa di benzina finchè si fa il pieno. Ma anche due livelli di vita diametralmente diversi: i ricchi terribilemnte ricchi... i poveri, terribilmente poveri. Questo soprattutto a Tirana.
Lina...Non bastano le parole, non basta un singolo pezzo per descrivere tutto quello che abbiamo visto, vissuto... No, non basta. Ma per ora lo faro' bastare, sapendo che, se vorrete, seguiranno altri articoli piu' dettagliati. Grazie mille!

Storie di Illiri e d'Albania


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Tuesday, September 20, 2011

Rakija band.. reloaded


Chiediamo scusa a Janko se pubblicchiamo questo post un po' in ritardo. In realtà è stata una collaborazione tra Lina e Francy e i tempi sono ristretti causa famiglia e lavoro. Dato che Lina capisce bene la musica ( e i bei ragazzi !!!) e Francy capisce bene l'inglese... scriviamo queste cose :

I "Rakija band" , già graditi ospiti sul nostro blog, hanno fatto un album davvero carino !

The Rakija band
Melankolsk energi
WORLD MUSIC ARTIST FROM SCANDINAVIA AND BALKAN




Janko !!!! više ljepše od Brada Pitta... bre bre !!!

Monday, September 12, 2011

Madame Piano


Bè.. non ci era mai capitato di non trovare nessuna notizia relativa a una cantante.. quindi.. chiunque riesca a trovare links o qualsiasi notizia relativa a Ljiljana Rancic e ce la invia.. ha i nostri ringraziamenti.

Bonito
Galija (Galley)
Ortodox celts
Qualche notizia in serbo
Più di una anno fa !
In collaborazione con Franco Masi

Saturday, September 3, 2011

Miss Kosovo e Miss Serbia

Stamattina avrei voluto parlare delle vacanze di Dejan e Milan e invece apro la pagina web e che ti trovo ? Il mondo scandalizzato per Miss Kosovo e Miss Serbia.
Adesso chi glielo dice a questi che queste due è facile che abbiano giocato assieme da piccole ???

Miss Kosovo e Serbia insieme, polemiche
Tko je poceo rat / Chi ha iniziato la guerra ?
Da Samopravo

Thursday, September 1, 2011

Solo andata, grazie


Le nostre favole non smetteranno mai di stupirci !
Grazie Darien e auguri carissimi da tutta la nostra crew per il tuo splendido matrimonio !

"SOLO ANDATA, GRAZIE" di Darien Levani è un viaggio a 360 gradi sull'Italia di oggi e sulla migrazione che essa ha conosciuto. La raccolta spazia tra racconti di vita quotidiani e storie a volte troppo crude per essere vere, motivo per cui diventano difficili da leggere e da digerire, ancora prima di essere accettate.

Solo andata, grazie. Di Darien Levani

Tuesday, August 23, 2011

Giù le mani dalla Piramide

Riprendendo un articolo di Albanianews... anche noi diamo spazio alle tante voci che chiedono di non distruggere la "Piramide".
Confesso che anche io vorrei distruggere l' EUR.. ma poi è anche vero che leggo commenti come questo :

"quando il presente cancella le tracce del passato apre la strada a un futuro oscuro.
la memoria di un popolo si manifesta anche mediante forme architettoniche, luoghi e persino paesaggi. non è con un colpo di spugna che si sopprime il dolore della storia, non è con le ruspe che si cresce e che si diventa incapaci di ripetere tragici errori pregressi. la demolizione della ragione non prelude l'arrivo di tempi migliori"

... e allora medito !

Ci incontraimo alla Piramide

Sunday, August 21, 2011

Melissa e le danze Gitane

Ci ha scritto una persona onesta e con la voglia che ho di rompere il televisore ogni volta che vedo certi politici.... molto volentieri le diamo spazio.

MELISSA MATTIUSSI – Danzatrice, insegnante di danza, ricercatrice e sperimentatrice del movimento legato a corpo, spirito ed emozioni, nonché giornalista e scrittrice, laureata in Lettere Moderne con indirizzo Artistico-Pedagogico, Melissa ha iniziato a danzare quando era nel pancione della mamma. Si è formata attraverso la danza classica per 16 anni, sostenendo stage ed esami della Royal Academy of Dancing di Londra, patrocinata dalla Regina Elizabeth II. Si dedica da molti anni al Flamenco, studiando in Italia e Spagna con artisti di alto livello e tenendo spettacoli insieme a gruppi mutlietnici. Ha studiato varie Danze Etniche, Danza Duende, Teatro Danza, Tantra, Pedagogia della Danza, Hilal Dance, Danze indiane, Orientali e Mediorientali, Belly Dance, Danza Moderna e Contemporanea, Hip Hop. Partendo dai ritmi dei diversi popoli, rielabora movenze originali e fruibili anche dai corpi meno abituati al movimento e alla ritmica. Melissa percepisce la danza come elemento indispensabile per l'espressione del Sè e per una miglior qualità di vita. Nella musica il suo corpo ride e danza, lontano da ogni malinconia, perchè quel che si muove non congela...

Grazie al suo spirito intraprendente, tenace, pieno di passione e sincerità, Melissa ha aperto con danze il concerto di Goran Bregovic al Teatro degli Arcimboldi di Milano, il 29 ottobre 2009.

La biografia
Melissa Mattiussi in you tube

Saturday, August 20, 2011

Santo Nole da Beograd

Al ritorno dalle ferie gli italiani si troveranno 88.000 posti di lavoro in meno e con un governo che vuole abolire l'art 18 e licenziare senza giusta causa siamo pressochè panati.
Io ( Lina ) sono davvero spazientita.. e ho utlizzato un termine educato e ogni giorno cerco qualcosa che possa tirarmi un po' su di morale.
Oggi ho sentito una magnifica notizia in tv : Nole è in semifinale a Cincinnati e Federer e Nadal sono k.o. alla faccia del nostro amico/nemico di Belgrado
Forza Djokovic.. regalaci un altro sorriso !

Djokovic a Cincinnati
Ha dell'incredibile !

Saturday, August 13, 2011

Gala

In un week end di ferragosto davvero davvero triste per le sorti di tante famiglie italiane, ma ancora più per le famiglie balkanike aiutate da quelle italiane, vi auguriamo il meglio con questa artista serba davvero bella e brava. Speriamo che ci porti fortuna perchè ne abbiamo molto bisogno !
Ecco a voi Vesna Galiot detta Gala in Kazna (cliccate su Kazna)

Thursday, August 11, 2011

La Serbia e l'inflazione


Alcuni anni fa, Dejan mi ha dato una banconota da 500.000.000.000 dinari, dicendomi di parlare ai miei amici dell'inflazione.
La carta moneta è un'arma, esattamente come un fucile o un kalasmikof.
Non so' a dire quanti pensionati conosco che svernano in Brasile spendendo molto poco rispetto a quello che avrebbero speso in Italia.
Il mio amico Milan, in Serbia, lavora anche 12 ore al giorno in una falegnameria e guadagna 300 euro al mese.
Tra il 1993 e il 1994, in Serbia, si è avuta la peggior inflazione che si possa ricordare a memoria d'uomo. Andavi in banca a prendere i soldi e correvi a fare la spesa, perchè i negozianti aumentavo i prezzi ogni ora, producendo un'inflazione che era circa al 25 %.
I negozi statali, quelli in cui i prezzi avrebbero dovuto essere "calmierati", erano vuoti e quindi si ricorreva alla cosidetta "borsa nera".
I benzinai erano chiusi e ci si riforniva da macchine che viaggiavano per strada con bidoni e imbuti.
Gli autobus funzionavano solo uno su 4 e non sempre, perchè il più delle volte si aspettava e si aspettava anche ore, ma l'autobus non c'era proprio.
Il tasso di disoccupazione era al 30% e vi era difficoltà ad approvigionarsi anche delle cose semplici come pane e carne.
Il riscaldamento condominiale era spento e si rischiava di rimanere senza corrente elettrica poichè le persone accendevano le stufette elettriche per scaldarsi.
Molte macchine ospedaliere e letti e tutto cio' che si poteva trasportare fu venduto alle cliniche private e non c'erano soldi per le pensioni.
Si arrivo' ad un punto in cui nessuno voleva comprare in dinari e tutti cercarono di sostituire il pagamento con marchi tedeschi, ma all'inizio un marco era un milione di dinari, poi 6 milioni di dinari e ben presto si arrivo' a 37 milioni di dinari.
Uno stipendio era pari alla 230esima parte di cio' che la famiglia necessitava.
Quando ho chiesto a Dejan come si è usciti da questa situazione, mi ha risposto : con la guerra. 

LE SANZIONI ALLA YUGOSLAVIA

L’embargo alla Federazione Yugoslava è stato imposto per la prima volta l’8 gennaio ‘91dalla Unione Europea. Quasi un anno dopo, il 6 dicembre, gli Stati Uniti decretavano le stesse misure. Il 30 maggio ’92 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite introduceva un embargo commerciale e finanziario totale verso la Repubblica Federale di Jugoslavia che si è protratto per 1271 giorni sino al 22/11/1995 quando è stato revocato definitivamente con la sola precedente sospensione del divieto di volo e di partecipazione a manifestazioni sportive dal 23 settembre dell’anno precedente. Gli Stati Uniti hanno poi revocato le proprie sanzioni nel marzo 97 e, per ultima l’Unione Europea il 14 settembre.

Le conseguenze sul piano umanitario di questo primo periodo di embargo sono documentate più avanti. E’ però importante tenere a mente nel valutare la gravità della decisione di imporre sanzioni dopo la guerra che queste si inseriscono su una situazione già grave per l’embargo dell’Onu e, per di più, aggravata dalla guerra.

Già nel marzo 98 la UE reintroduceva prime restrizioni agli scambi commerciali con la RFJ. Il Consiglio dell’Unione Europea ha deciso una serie di limitazioni alle relazioni economiche, in particolare di carattere finanziario che verranno inasprite all’inizio dei bombardamenti con il divieto di vendita di prodotti petroliferi e poi il 10 maggio con una serie di altre misure.

Nel merito si tratta di :

interdizione dei voli

congelamento dei beni all’estero

interdizione delle transazioni finanziarie

interdizione della fornitura di prodotti petroliferi

interdizione della vendita di beni atti ad essere utilizzati nella ricostruzione delle infrastrutture distrutte dalla guerra,

Le stesse misure sono state prese dagli Stati Uniti.

 




Wednesday, August 10, 2011

Guca 2011

Anche quest'anno a Guca è scoppiato il festival.
La festa è davvero unica e piena di gioia e per la nostra crew, quest'anno, c'è una vera sorpresa.
Ci racconterà tutto al ritorno la nostra cara Ivana K
Intanto guardiamoci qualche breve filmato degli anni scorsi :

Guca.rs sito ufficiale
Made in Serbia
Guca (Srbija)
Bregovic LIVE in Guca 2007 (Mesecina)Goran Bregovic - Alo Alo / Gas Gas (Guča 2010)
Goran Bregovic - Kalasnjikov (Guča 2010)
Giuseppe e Guca
Guca 2009 di Sajkaca

Thursday, August 4, 2011

Il racconto di Carlotta. Terza parte




 
Continua da qui

La mattina ci tranquillizzano : i cori di sirene non promettevano bombe, venivano dalle fabbriche. Qui si fabbricano madonnine di gesso, business diurno per altri costruttori, devoti o no. Sembrerebbe che a Medjugorie fossero i fornai a impastare le madonnine (noti in tutto il mondo per lavorare di notte).
Caricati sui pullman, via per dirupi verso Mostar, divisa in due, croata e bosniaca. Da Mostar ovest ci si spinge verso la zona musulmana. Si varca un ponte di assi, al posto del millenario ponte di pietra buttato giù dalla guerra. Pencola peggio della passerella di mani “beate” che oscillavano sotto i nostri piedi quando siamo andati in gita sulle nuvole. Tiriamo a diritto, con gli occhi fissi su tre montagne dirimpetto: di qua ci spiano i croati, di là i bosniaci e in mezzo stanno appostati i serbi.


Si ostentano candide magliette sul genere “Mirate al petto!”, con un pollastro al centro che esibisce un ciuffo di rosmarino nel becco. Soltanto un mistico visionario scambierebbe il rosmarino per un ramoscello di olivo e il pollo per una colomba. Mantengo un’apparenza spavalda mentre mi raccomando alla Madonna di Medjugorie.
Dal ponte si penetra nel cuore di Mostar e della Bosnia, in una desolazione schiarita dall’azzurro-primavera degli automezzi Onu mischiato al colore autunnale delle divise militari, fra case distrutte e strade stellate, strade trapunte di squarci a forma di stella, come se in una notte stregata di San Lorenzo le stelle si fossero staccate dal firmamento precipitando sulla terra.
La poca gente rimasta esce a stringerci la mano, indifferente alle magiche crepe sul selciato, ormai avvezza a quella pioggia di stelle cadenti che si stampano nel terreno e hanno il nome di granate. Le donne piangono, i bambini s’infilano in mezzo agli strani turisti di pace che siamo noi.
Sostiamo presso la targa in memoria dei giornalisti della Rai caduti sul campo. Anch’io cado in un campo, nonostante la classe con cui un dinamico “beato” porta due zaini, il suo e il mio. Cado fra gli scoscendimenti del terreno e i gerani sparsi in una profusione di croci, tutte con la stessa data, tutte della stessa guerra.
Su per tornanti chiusi fra le rocce o sospesi sui precipizi, si parte alla volta di Kisjelak, col naso appiccicato ai vetri del bus, in deroga alle avvertenze dell’istruttore di tappare i finestrini con gli zaini, promossi a baluardo di granate errabonde. Siamo curiosi di vedere se una piroetta dell’autista non ci scaraventi nel verdeggiante strapiombo che lui continua a rasentare con spensierata caparbietà.
A Kisjelak mettiamo radici sotto il comando croato. Ultima frontiera conosciuta.


Dopo, ci aspetta “la terra di nessuno”, due chilometri e mezzo di strada costeggiata di mine, attraverso campi altrettanto fioriti di ordigni che si nascondono alla vista come timide viole. In fondo alla terra di nessuno comincia la Repubblica Bosniaca dei Serbi. Farnesina, ambasciate, comando militare croato sono una lega di “no” al chiodo fisso di don Albino di andare in braccio ai serbi giù fino a Sarajevo e lì piantare una tenda dove trascinare un serbo, un croato e un bosniaco anche a calci, anche per un solo minuto di “pacifica” convivenza.
Si bivacca con acqua diuretico-lassativa, si scambiano saluti con i convogli della Caritas e dell’Onu, bighellonando tra coprifuochi, colpi di mortaio e scrosci di “bandiera rossa la trionferà” del comunista che si è preso una cotta per don Albino.
Il nostro affascinante leader celebra la messa bianco-vestito in stola arcobaleno a un tavolo di plastica e fa un’eucaristica colazione inzuppando nel vino un pezzo di pane raffermo. Il sovversivo innamorato si limita a gorgheggiare le sue strofe terrene sull’ultimo accordo di “filate, la messa è finita” intonato da Don Albino.
L’unico diversivo è la pistola puntata al petto di padre Maurizio, francescano casual, in camicia scozzese e clarks. Gliela punta più volte un croato di guardia al confine di Kisjelak, seccato dalle sue insistenze di voler passare in terra serba con tutti noi al seguito. Una pistola al petto gliel’avrei puntata anch’io a padre Maurizio.


Molti prodi Anselmi (il cinquanta per cento dei “beati”) invidiano Mario Primicerio, il sindaco di Firenze, al quale, giorni addietro, hanno sparato davvero. Eccitati dalla promessa dei serbi di mitragliare anche noi, i prodi vogliono forzare il blocco, calare su Sarajevo dal Monte Ingman, proprio dove hanno fatto fuoco sul sindaco, il che può avere il suo charme se si viaggia dentro un carro armato come il sindaco. Le “beate” singhiozzano, sull’orlo di una crisi di nervi…
Don Albino è rapito dal prezzo che il cinquanta per cento dei “beati” è disposto a pagare ma, per quanto estatico, rimane immobile, con gran refrigerio del restante cinquanta per cento di beatitudini.
Trascorriamo il ferragosto a stampare l’impronta delle nostre chiappe sull’asfalto bollente, di faccia al comando croato, dove una sentinella ubriaca sventola la bandiera che alcuni valorosi “beati” le hanno messo in mano: Mir, Paix, Peace, Pace.

Moreno Locatelli

Wednesday, August 3, 2011

Boris Malagurski on RT


Non sono riuscita a capire bene tutto.. ma ho capito che il Kosovo continua a essere una bomba a orologeria e se qualcuno si tenesse i fucili a casa propria.. staremmo tutti più tranquilli.

Intervista a Boris Malagurski

Tuesday, July 26, 2011

Dieci milioni di serbi a Cuba


Questo post è scaturito da una discussione in face book e .. certe volte... non sò più che dire.. quindi taccio.. ad ognuno il suo pensiero.. io cedo le armi !!!

Report RAI3 Se la democrazia è esportabile 1/3

Saturday, July 23, 2011

Padre Giovanni di Acquaformosa. Seconda parte


Padre Giovanni è nostro amico da più di due anni ed è veramente una cara persona !!!
Vive in Calabria e tutti voi sapete che in Calabria c'è la comunità Arbëreshë ovvero la comunità di origine albanese che si è insediata anni addietro nel nostro paese.
Adesso Padre Giovanni ha fatto molto bella la sua chiesa.


Il sito di Padre Giovanni è meraviglioso : Arberia ortodossa
Il nostro primo post su : Padre Giovanni

Thursday, July 21, 2011

Il racconto di Carlotta. Seconda parte


Continua da qui

Dopo le manovre in parrocchia ci aspettava almeno un po’ di guerra. Va bene, una certa gioia di vivere non guasta; qualche giorno fa i serbi hanno bombardato Dubrovnik…
Ecco sopraggiungere i poliziotti a toglierci dalla testa lo sconforto di essere sbarcati sulla Costa Azzurra. La nostra sfilata è illegale, non l’ha autorizzata nessuno. Arrestano il reverendo leader dei “beati”, don Albino. Lo scarcerano quasi subito, ma non per restituirlo alle nostre braccia tese. Lo trascinano presso la radio locale a giurare di non esser venuto in Croazia a spargere zizzania. Colpa dei volantini istigatori di pace, che don Albino ha stampato in lingua serba, e ora siamo in mezzo ai croati. Carestia di traduttori, si scusa il beato pacifista. Bella scusa là dove serbi e croati se le danno di santa ragione!
Tappa dalla Madonna di Medjugorie, terza nella classifica delle Madonne che hanno scelto di mostrarsi all’infanzia, quella delle fasce indigenti. L’infanzia dorata non merita apparizioni celestiali: le bastano e avanzano le visioni terrene dei propri comfort.
La Vergine, in bella vista, risplende all’aperto. Intorno a lei, oltre che di luce, l’aria è satura di parole e musica. Dalla vicina chiesa un megafono diffonde messe no-stop. Un comunista, toccato dalla Madonna, si lancia in un’ardente dichiarazione di passione e di fede a don Albino.
Si mangia e si dorme in un tendone monolocale con panche e inginocchiatoi a uso e consumo di frati senza pretese in materia di sale da pranzo e camere da letto.
Genuflessa, tiro fuori il formaggio. È andato in estasi anche quello. Era un cacio di legno, di un bel giallo carico. Si è trasfigurato in una molle scamorza cadaverica. Commossi dal prodigio, i “beati” compagni di viaggio mi dispensano le loro provviste, in particolare le marmellate di una supermamma con sei figli, che fra le granate di casa e quelle della ex Jugoslavia ha optato per queste ultime.
La sera, coricata più o meno a mo’ di San Francesco, non riesco a mummificarmi nel sacco a pelo. Benché la situazione non abbia nulla di erotico, mi divincolo come un serpente in amore. Lo spettro di Tutancamen, o il suo sosia, si alza da una bara e mi suggerisce di levarmi le scarpe. Mi avvolgo nello scialle della nonna, stretto sul maglione da gran sera in Alaska; rosicchio gallette invece di dormire. Un “beato” si rivolta nel sonno con tutto il suo feretro, arrotando i denti, assediato da incubi di gallette in via di frantumazione.
Spira una zefiro polare dal tendone spalancato sul silenzio di un cielo solcato di quando in quando da cori di sirene.
Per sei ore confondo la Madonna illuminata con lo spuntar del sole.
Fine seconda parte...







Prosegue qui

Saturday, July 16, 2011

Djiana Pavlovic. RAI3 a Cominciamo Bene


Siamo senza parole davanti alla bellezza, alla dolcezza e alla cultura della fantastica Dijana Pavlovic.
Complimenti senza fine !

Secondo il rapporto 2011 di Amnesty International “In Italia discriminazioni contro rom e migranti e clima di crescente intolleranza anche verso gay e trans”.
Ci offende questo rapporto o dobbiamo riconoscere che in Italia le discriminazioni sono tante? Le donne sul lavoro hanno gli stessi trattamenti degli uomini? Uomini e donne di altre religioni ci fanno paura? Le persone con handicap sono tutelate? Esiste parità di trattamento verso gente di altra razza o origine etnica?
In studio Vladimir Luxuria, l’attore Ferdi Berisa, il giornalista Francesco Palese e le attrici Dijana Pavlovic e Antonella Ferrari.

Dijana Pavlovic - RAI3 * Cominciamo Bene * 12 Luglio 2011
Jos Dijana Pavlovic
Dijana Pavlovic
Intervista a Dijana
Dijana Pavlovic per "Dosta!"
Dosta
Prima di tutto vennero a prendere gli zingari - Bertolt Brecht

Prima di tutto vennero a prendere gli zingari
e fui contento, perché rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei
e stetti zitto, perché mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessuali,
e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere i comunisti,
e io non dissi niente, perché non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me,
e non c’era rimasto nessuno a protestare.....

Thursday, July 14, 2011

Il racconto di Carlotta. Prima parte





Sapete bene che qui piovono solo favole, ma qualche volta piovono delle favole molto particolari ! Carlotta è una di queste. E' capitata per caso non molti giorni fa, ma ci ha fatti subito innamorare d'immenso ! Il suo racconto è fantastico.
Colgo l'occasione per raccontarvi una storia vera che non abbiamo ancora pubblicato.
La notizia c'è arrivata da un testimone e riguarda un convoglio di circa 12 camion che era partito da Sarajevo per l'entroterra bosniaco. Il convoglio era preceduto da un carro armato Onu. Ogni 20 km un commando di banditi fermava l'ultimo camion, costringeva l'autista e il passeggero a scendere e a continuare a piedi, rubava il camion e scappavano nella direzione opposta al convoglio di aiuti umanitari. Quando c'è stato solo più un camion, i militari hanno parlato un po' tra loro e poi hanno deciso di scaricare gli aiuti umanitari a terra e far salire sul camion tutti i volontari con qualche provvista di farina e zucchero che si poteva lasciare sul camion. Così.. all'enclave sono arrivati circa una ventina di persone affamate che hanno peggiorato in maniera decisiva le condizioni di vita dell'enclave già sofferente. Tutto accadeva in Bosnia nel 1995.


Il tour “Beati i Costruttori di Pace”, esclusiva confezione clericale di probe intenzioni verso un mondo di cittadini e non di vittime, ha programmato una vacanza in Bosnia: tappa di ferragosto a Sarajevo. La Jugoslavia è ancora teatro di guerra, un eccitante per chi in guerra non sta più da mezzo secolo, desiderabile come un allucinogeno per chi aspiri a migrare da vacanze borghesi, stesso cielo, stesso mare. Anch’io sono stufa di acque lisce come l’olio e di cieli sempre blu.
Alcune care persone a me vicine si coalizzano per bardarmi di sarcofago da mummia (modernamente detto sacco a pelo), gommapiuma da spiaggia elevata al grado di materasso di sopravvivenza, zaino da scolaro modello, marsupio antiscippo, giubbino color giallo-cedro-del-Libano, omaggio della Cassa di Risparmio, vagamente somigliante a una giacca a vento, micro-pila multiuso: il nemico non ti vede e tu non vedi il nemico neanche se fosse un carro armato, catarifrangente antikiller-strade di notte.
Un secondo affettuoso nucleo di miei simpatizzanti, attenti lettori delle istruzioni di viaggio prodotte dai “Beati Costruttori di Pace”, mi procaccia antibiotici a largo spettro, disinfettanti per acque da colera, bende stretch, garze, ginocchiere, gallette ricordo dei fanti italiani (prima guerra mondiale), pane nero ricordo dei soldati tedeschi (guerre mondiali 1 e 2), formaggio duro da emigrante formato XIX secolo.
Su mia personale ispirazione, ficco nello zaino lo scialle della nonna che abitava in una ghiacciaia, un maglione da gran sera in Alaska e una masnada di profumi pestiferi quanto basta a sbaragliare fragranze corporali da carenza d’acqua e sapone. Unico gioiello, una borraccia girocollo verde smeraldo.
Dopo aver messo K.O. nei corridoi del treno un congruo numero di passeggeri che hanno osato scontrarsi col mio rimorchio da viaggio, raggiungo la parrocchia di San Lorenzo, punto di raccolta nei paraggi di Bologna. Qui si svolge l’addestramento alla villeggiatura bosniaca.
Tre giorni di manovre. La prima s’intitola “Passeggiata sulle nuvole”, un day-dreaming. E come in un sogno ad occhi aperti, vengo issata a mezz’aria per andare a spasso sopra un ponte di mani intrecciate, quelle dei “beati” compagni di vacanza che stanno lì sotto a farsele pesticciare, la faccia appannata da una cristiana rassegnazione o illuminata dalla strazio nell’aver fede nel prossimo a tutti i costi. Una fiducia demenziale nel prossimo è, appunto, il target della passeggiata sulle nuvole. Si tratta di traballare lungo una passerella di mani mosce.
Dopo, mentre gli altri contano i moncherini, io mi accaparro il letto del prete.
Sveglia alle tre di notte. Ordine di uscire all’aperto, mano nella mano. Non m’illudo di danzare al chiaro di luna, ma chissà… Il ballo c’è, senza musica, quello di San Vito, a rotta di collo in catena e occhi bendati nelle tenebre. Via, sempre tenendoci per mano, finché il “beato” davanti a me, al galoppo, intanto che io mi concedo un leggero trotto, non mi sgancia in una buca.
Stop all’alba. Qualcuno mi leva dalla buca. Succinta comunicazione a una torma di sfiatati: gli organizzatori hanno voluto propinarci il brivido di un’emergenza da bombardamento. Beati i costruttori di pace che si danno a questo genere di costruzioni!
Due ore di riposo, poi via libera verso la villeggiatura, riservata però a chi ha firmato l’impegnativa di esonerare la beatifica istituzione da qualsiasi risarcimento in caso di decesso, ferite, mutilazioni, modifiche varie ed eventuali nel corpo e nello spirito.
Zitti zitti, in fila indiana, un violino davanti e uno di dietro, a Spalato siamo in duecento con l’aureola della beatitudine. Ci guida il nostro maestro di sortite antiraid, una specie di Che Guevara, come sarebbe se fosse andato avanti negli anni, ma soprattutto uno sportivo consunto da scatenati girotondi nelle notti senza luna e da grandinate di pestoni sulle mani a opera dei tanti “beati” in marcia fra le nuvole.
La hit-parade dei nostri vessilli di pace fa pendant con gli stendardi che ci salutano, o così pare, dai motoscafi e dagli yacht ancorati nella rada.
I passanti camminano nel sole, prendono distrattamente i nostri volantini che invitano a flemmatiche convivenze. Bar e negozi aperti, gelati, coca cola, mercato verde-rosa di frutta e ortaggi. Una delusione. Dopo le manovre in parrocchia ci aspettava almeno un po’ di guerra. Va bene, una certa gioia di vivere non guasta; qualche giorno fa i serbi hanno bombardato Dubrovnik...
Fine prima parte

Prosegue qui

Thursday, July 7, 2011

Dal nostro inviato speciale !

Messaggero Veneto 28/06/11
FIAMME SUL CONFINE... 20 ANNI DOPO
Jugoslavia in frantumi e alla Casa Rossa fu una battaglia lampo.
Il 25 giugno 1991 la Slovenia e la Croazia proclamano l’indipendenza
Il 28 i tank di Belgrado vengono respinti a Nuova Gorizia
di Pietro Oleotto


All’inizio del giugno di vent’anni fa, la Jugo, a Gorizia, cominciava con una lunga fila per andare a fare benzina, la Croazia era solo il mare di Istria e Dalmazia e Ratko Mladic – che nel ’95 sarebbe diventato il “boia di Srebrenica” – un generale dell’Armata Popolare. Quell’Armata che in quei giorni fu spedita in assetto da guerra, sfoderando i cingoli dei tank, a presidiare i confini della "Repubblica socialista federale" la cui unità mostrava crepe evidenti. Qui, da questa parte, si notavano a stento, anche se si sapeva che non era più il paese descritto con una famosa frase dal padre fondatore: «Noi in Jugoslavia dobbiamo dimostrare che non esistono maggioranze e minoranza». «Mi moramo u Jugoslaviji pokazati da ne može biti manjine i vecine», come aveva declamato il maresciallo Josip Broz Tito, scomparso undici anni prima.
Nel 1991 non solo esistevano maggioranze e minoranze; c’era la forza centrifuga dei nazionalismi azionata dalla Serbia di Milosevic che avrebbe portato prima alla disgregazione dello Stato, poi agli orrori della guerra civile. Così il 25 giugno Slovenia e Croazia proclamarono la propria indipendenza e il giorno 28 bisognava essere oltre confine, da italiani, per testimoniare cosa succedeva alle porte di casa. Cosa ci facevano quei carri armati tra la gente, qualche metro dopo il valico internazionale della Casa Rossa? “Di là” si combatteva o il passaggio storico era pacifico? Alle cinque del pomeriggio si diceva che sulla strada statale che collega Lubiana con Nuova Gorizia sarebbero passati i rinforzi dell’esercito federale per raggiungere gli avamposti piazzati sul confine: lasciata la redazione isontina del Messaggero Veneto, la Mercedes del nostro fotoreporter, Nello Visintin, una mezz’ora dopo era già ad Aidussina, dove il segnale italiano del telefono veicolare (una cornetta agganciata a un’enorme scatola nera di metallo, i cellulari erano una rarità) si perdeva inesorabilmente. Bisognava fermarsi, ma non per l’assenza di comunicazioni con il giornale, dove il capo servizio Vincenzo Compagnone coordinava il lavoro tenendo i contatti con Udine, bensì perchè sulla striscia d’asfalto del ponte sul torrente Hubel la gente del paese aveva piazzato i mezzi pesanti in proprio possesso, a spina di pesce, per sbarrare la strada ai cingolati comandati da Belgrado.
Era il primo segnale che c’era una regia slovena per impedire l’espandersi a macchia d’olio di un eventuale conflitto attraverso l’opera della milizia territoriale, la Teritorialna Obramba. Dieci minuti, venti, trenta, un’ora. Poi qualcuno si avvicina: «Italiano, torna a Nuova Gorizia, là sta succedendo qualcosa». La statale è deserta, il cambio automatico della macchina scala marce lunghe per assecondare la nostra volata di ritorno verso il confine: Crnice, Vitovlje, Sempas.
A circa un chilometro da Casa Rossa un posto di blocco: documenti. È la polizia slovena. «Volete passare? A vostro rischio». Rischio? Di cosa? Parcheggiamo e cominciamo a correre verso il valico lungo il rettilineo che gli sta di fronte, fino a quando non sentiamo un’esplosione fortissima. Siamo a pochi metri dai distributori Petrol, deserti, mentre dal carro armato al centro della strada si alza una colonna di fuoco. La Nikon reflex di Visintin scatta a ripetizione, la mia tasca gonfia di rullini di pellicola (altro che digitale!), si svuota in un amen: sono steso a pancia in giù sotto una vecchia Zastava 750 – la 600 Fiat “potenziata” fatta a Kragujevac –, quando sento un rumore metallico alla destra della mia testa.
A un miliziano sloveno è appena caduto un caricatore da kalashnikov: lo raccolgo e lo consegno prontamente. I territoriali hanno attaccato a colpi di bazooka i tank dell’Armata Popolare, presa di sorpresa: quattro i morti in quell’inferno. Le lingue di fuoco si alzano alte dalla torretta di comando e ipnotizzano i soldati che vengono catturati in massa con qualche raffica di mitra. Dopo una manciata di minuti siamo infatti in un grande cortile a poche centinaia di metri dal confine, dove assistiamo a una scena da film: i militari dell’esercito sono disarmati, in piedi e in fila, con le mani dietro la nuca.
L’attacco sloveno è riuscito, Casa Rossa è sotto controllo e la gente comincia a uscire dalle case. E mentre i prigionieri sfilano di corsa al comando dei vincitori si sente il rumore dei sassi lanciati contro i loro elmetti che nascondono facce impaurite e tratti somatici macedoni, kosovari, montenegrini. Era la politica dell’Armata: mai fare il soldato a casa. Con il pestare degli anfibi sull’asfalto e le accelerate dei camion che caricano la paura e lo smarrimento di quei ragazzi – per portarli nella caserma di Deskle sulla strada per Canale – cala anche la tensione.
Riprendiamo la macchina, comunichiamo alla redazione che abbiamo delle foto da pubblicare, raccontiamo attraverso il telefono veicolare la battaglia alle porte di Gorizia. E cerchiamo una via d’uscita attraverso l’altro valico internazionale, quello di Sant’Andrea, quello dell’autostrada. Ma al secondo incrocio dopo l’abitato di San Pietro (e l’ennesimo posto di blocco) le vie tornano deserte: in lontananza il cannone di un tank federale segue la nostra Mercedes nel suo tragitto e dopo lo svincolo è chiaro che siamo in trappola.
Le sbarre del confine jugoslavo sono abbassate, impossibile raggiungere l’Italia dove la nostra polizia è in presidio, armata, dietro dei sacchi di sabbia. Ma quando giriamo la macchina, dopo qualche centinaio di metri in senso inverso, ci accorgiamo di non essere più soli: dalla vegetazione esce una sentinella mimetizzata, urla qualcosa in serbo; Visintin piazza una retromarcia che copre il rumore di una raffica in aria e nel momento del “rinculo” dal finestrino aperto spunta una canna. Catturati. Hanno la stella rossa sul copricapo, ci credono delle spie pronte a rivelare le loro posizioni agli sloveni della Territoriale. Sono dell’Armata federale, sono in guerra, una guerra civile.
Fuori dalla macchina la perquisizione: spariscono i rullini, resistono solo quelli nascosti sotto i tappetini della vettura. Mezz’ora dopo – bontà loro – ci alzano la sbarra di qualche centimetro, tanto che l’antenna piazzata al centro del tetto fatica a passare. Ci è andata bene, possiamo raccontare cosa sta succedendo, con parole e immagini. Neanche un graffio, mica come quel povero soldato scappato oltre il confine durante l’attacco e colpito a un gluteo prima di essere accolto in Italia.
Il giorno dopo andai in ospedale a sentirlo. Giovanissimo, biondo, occhi azzurri era un croato: «Faccio il contadino», mi disse quasi volesse far felice la memoria di Stjepan Radic. «Ci avevano detto che dovevamo difendere la nostra terra da voi italiani». Era cominciato il decennio delle bugie. Curato, fu rispedito a casa, nell’entroterra di Zara. Chissà se per lui fu l’ultima divisa vestita. Se vide l’Operazione tempesta, la terribile Operacija oluja del generale Ante Gotovina, o se raggiunse Metkovic per sostenere l’identità croata dell’Erzegovina. Storie tormentate di quest’ultimi vent’anni nei Balcani, quasi un effetto domino da quel 28 giugno 1991, quando fu difesa l’indipendenza della Slovenia attraverso delle battaglie lampo ai valichi, come quello di Casa Rossa. Là dove adesso non c’è più un confine, dove si paga in euro, dove è Europa ed è tutto diverso. Meno il prezzo della benzina, sempre più basso: ma almeno non si fa più la coda.


Grazie Pietro... non avremo mai abbastanza parole per dire quanto sei favola ! Grazie dal profondo del nostro cuore .. e dire che tutto il nostro amore per te è iniziato con una litigata !!!!

Pietro.. una favola senza fine
Dedicato a Pietro
I nostri cari motomuloni !
Luca e Pietro a Ljubljana

Saturday, July 2, 2011

Il giorno di San Vito visto da Antonio

Antonio ci regala delle pagine fantastiche !


San Vito è venerato come santo martire dalla Chiesa cattolica ed è un Santo molto importante anche per la Chiesa ortodossa serba e quella bulgara; la sua ricorrenza è osservata nel giorno del 15 giugno del Calendario gregoriano che corrisponde al 28 giugno del Calendario giuliano.

L'Assemblea del popolo serbo del Kosovo e Metohija, come annunciato da Slobodan Samardzic, ha visto la luce il 28 giugno, una data simbolica e ricorrente
nell'intera storia di sangue e disgrazie dei Balcani: il giorno di San Vito, controverso anniversario della battaglia di Kosovo Polje, quando il principe
Lazar venne annientato assieme ai suoi uomini sulla piana dei merli (Kos-merlo) dai turco-ottomani. Il 28 giugno 1389 (Vidovdan) è tema dei grandi poemi
dell'epica serba cui hanno fatto seguito, fatalità del destino, anche le tragedie balcaniche ed europee. 28 giugno 1914: assassinio di Francesco Ferdinando;
28 giugno 1919: Trattato di Versailles; 28 giugno 1989: durante il 600° anniversario dalla battaglia di Kosovo Polje Milosevic tiene il discorso di esaltazione della nazione serba. Il giorno di San Vito, divenuto il topos della definizione identitaria serba, ritrae e raffigura il nazionalismo più crudo - un'intollerabile piaga che soverchia le ingenue ambizioni europee. Vidovdan, a dispetto delle forzate tensioni europeiste, riecheggia nelle menti e nelle coscienze alla stregua di un pericoloso ideale ultranazionalistico, epurato dal mito religioso, scientemente sottratto alla memoria collettiva al solo scopo di dare maggior spazio alla strumentalizzazione e alla retorica.

Il Vidovdan è la ricorrenza religiosa in cui ricorre la memoria del martirio di San Vito osservato dalla Chiesa ortodossa serba e da quella bulgara nel giorno del 15 giugno del Calendario giuliano e che corrisponde al nostro 28 giugno del Calendario gregoriano. In Bulgaria è chiamato Vidovden o Vidov Den e la sua particolarità è ben conosciuta soprattutto nella parte occidentale del paese.


Il Vidovdan è anche data di una certa importanza storica:

il 28 giugno 1389, la Serbia combatte contro l'Impero Ottomano nella Battaglia di Kosovo Polje.
il 28 giugno 1914, l' assassinio dell'Arciduca Francesco Ferdinando d'Austria erede al trono dell'Impero Austro-Ungarico e di sua moglie la Duchessa Sofia
a Sarajevo è la miccia che farà scoppiare la prima guerra mondiale.
il 28 giugno 1919, viene firmato il Trattato di Versailles mettendo fine alla prima guerra mondiale.
il 28 giugno 1921, il Re serbo Alessandro I di Jugoslavia promulga la Costituzione del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, passata alla storia come la
Costituzione del Vidovdan (Vidovdanski ustav.)
il 28 giugno 1948, il Cominform pubblica, su iniziativa dei delegati del suo Soviet: Shdanov, Malenkov e Suslov, la "Risoluzione sullo stato della Lega dei
Comunisti Jugoslavi" condannandone la loro "laedership" - ciò comportò la rottura finale tra Unione Sovietica e Jugoslavia.
il 28 giugno 1989, — nel 600° anniversario della Battaglia di Kosovo Polje — il leader serbo Slobodan Miloševic tiene il famoso discorso sull'origine serba
del luogo dove è stata combattuta la storica battaglia.
il 28 giugno 1990, un progetto di revisione della Costituzione Croata, che elimina il riferimento ai Serbi nella costituenda nazione di Croazia, viene
rivelato dal Presidente croato Franjo Tudman.
il 28 giugno 2001, il vecchio leader Miloševic viene trasferito in stato di arresto presso l'Aja per affrontare il processo per crimini contro l'umanità.
(Morirà in prigione.)
il 28 giugno 2006, il Montenegro viene proclamato 192° Stato membro delle Nazioni Unite.

In questo video potete vedere Gordana Lazarevic nelle enclavi serbe in Kosovo. Le enclavi sono veri e propri centri di concentramento in cui i serbi vivono accerchiati dal filo spinato e necessitano di scorta armata per andare a scuola o all'ospedale. C'è anche chi dice che queste cose ce le inventiamo e allora noi le abbiamo documentate di persona con il documentario : Kosovo me fat


Kud god da krenem
Tebi se vracam ponovo.
Ko da mi otme
Iz moje duše Kosovo
Wherever I go
I will be back, you know.
Who can rip away
Kosovo from my soul

Vidovdan visto da Francy
Il nostro post del 2009
Oj Kosovo, Kosovo

Wednesday, June 29, 2011

Fantasticcissimo Vittorio !

Davvero incredibile il carissimo Vittorio Filippi ! Ha pubblicato due articoli niente meno che sull'Avvenire e sul Corriere del Veneto e, a parte qualche piccola particolarità su cui si può discutere, trovo che siano molto attinenti alla realtà !
Bravo Vittorio !


Jugoslavia, un sogno mancato.
Lubiana, sera del 25 giugno 1991. Sale sul pennone la nuova bandiera della Slovenia, simbolo dell’indipendenza: la stella rossa non c’è più, sostituita dal Tricorno, il monte più alto del nuovo Stato ma anche luogo della mitologia slovena. Fa caldo, la piazza davanti al Parlamento è gremita di gente, sfila la Difesa territoriale, in pratica il nuovo esercito. Il momento è storico: parla il presidente Kucan, ex comunista, l’uomo dello strappo con Belgrado. Due Mig sorvolano minacciosi la capitale e, alle prime ore del mattino, si muoveranno i carri armati federali. È la guerra, la prima in Europa dopo quarantasei anni di pace. Ma è anche la fine della Jugoslavia socialista, che per la seconda volta nel Novecento – dopo l’esperienza della Jugoslavia monarchica dei Karagiorgevic – si sfalda. In realtà la secessione slovena e croata di vent’anni fa ha radici lunghe, già i solenni funerali di Tito del maggio 1980 fecero presentire la difficoltà del tenere insieme un mosaico complesso e fragile composto da sei repubbliche, due province autonome, quindici etnie, ventiquattro nazionalità, due alfabeti, tre religioni. Tutti gli anni Ottanta, morto il leader fondatore, icona storica della seconda Jugoslavia, si consumarono nella sistematica erosione di quella "unità e fratellanza" che ufficialmente doveva non solo tenere insieme il Paese, ma anche rimuovere gli eccessi balcanici di rancori e rivalità che la seconda guerra mondiale aveva seminato.

Favoriti dalla farraginosa costituzione del 1974, i vari Stati della federazione si muoveranno sempre più per conto loro ignorando il centro federale e, quel che è peggio, andando sempre meno d’accordo. Circolava una amara battuta: se la Jugoslavia si disintegrasse, le repubbliche non se ne accorgerebbero. La stessa autogestione, una sorta di "socialismo di mercato" che avrebbe dovuto dare le fabbriche agli operai, in realtà non solo moltiplicò le burocrazie rosse (la "nuova classe" denunciata da Gilas, il grande eretico jugoslavo) producendo disastrosi risultati economici, ma germinò interessi particolaristici e corporativi che alimentarono la frammentazione finale. Frammentazione che, ben preparata dalla sbornia dei nazionalismi etnocentrici negli anni Ottanta e divenuta vera e propria guerra nell’estate del 1991, divorò gli anni Novanta in un’orgia di violenza che ebbe il suo incredibile epicentro in Bosnia, la "piccola Jugoslavia" in cui si accentuavano le contraddizioni e le complessità del Paese. Una violenza che si accanì anche contro tutto ciò che ricordava la memoria comune come simboli, monumenti e toponomastiche. Come fanno popoli così piccoli ad essere così cattivi tra di loro, si chiedono attoniti i personaggi di Balcancan, il bel film del macedone Mitrevski. Per una specie di ellisse storica, i vent’anni di convulsioni che dissolsero la Jugoslavia federale iniziarono nel piccolo Kosovo, patria dell’epica serba, già l’anno dopo la morte di Tito e qui si conclusero nel 1999 con l’intervento della Nato e l’avvio dell’indipendenza di Pristina.

Oggi, a vent’anni dall’esplodere delle guerre infra-jugoslave, rimane il dolore di uno spreco storico gigantesco che ha bruciato – oltre a quasi centomila vite solo in Bosnia – l’idea stessa di un Paese, quell’antico sogno illirista di riunire gli Slavi del sud che oggi sopravvive nella cosiddetta "jugonostalgia". Uno spreco i cui costi economici ed antropologici continueranno a pesare, anche se gli odi si sono stemperati, molti – non tutti – criminali di guerra sono stati raggiunti e la Croazia si appresta a divenire il ventottesimo membro dell’Unione Europea. Problematiche rimangono le realtà della Bosnia e del Kosovo. Nella prima, nemmeno la dolcezza struggente delle sue sevdalinke può nascondere la mostruosità della posticcia costruzione statuale concepita a Dayton, fatta di due entità e di un distretto autonomo, con tredici costituzioni, quattordici governi con circa cento ministri e diverse magistrature. E uno e bino appare anche il Kosovo, tanto che poche settimane fa il ministro serbo dell’Interno, il leader socialista Dacic, ha semplicemente proposto di spartirlo tra Albania e Serbia «prima che sia troppo tardi». Insomma la disintegrazione potrebbe ancora continuare, instancabilmente, mentre perfino i censimenti fanno paura ai nazionalisti che non osano contarsi. La Jugoslavia è scomparsa dalle carte geografiche, ma la "balcanizzazione della ragione" – come la chiama la filosofa zagrebese Ivekovic – sembra persistere.
Vittorio Filippi
Tratto dall'Avvenire


Guardiamo (bene) l'ex Jugoslavia
Vent'anni fa il crollo del «mosaico»
Esattamente venti anni fa, con la secessione della Slovenia e della Croazia, iniziò a rompersi quel fragile mosaico chiamato Jugoslavia. Fu un processo lungo, occupò tutti gli anni Novanta - fino alla guerra del Kosovo del 1999 - e ci mise di fronte a violenze che pensavamo di non vedere più. Soprattutto sulla porta di casa. E sulla porta di casa c’era anche il Veneto, che con la Jugoslavia ha avuto, nel tempo, diversi confronti. Il primo, ricordato ormai dai più anziani, riguarda gli eventi terribili della seconda guerra mondiale, con l’occupazione italiana in cui molti soldati veneti scoprirono la durezza di una presenza militare che proprio in Veneto portò due campi di concentramento - a Chiesanuova e a Monigo - per resistenti sloveni e croati. Poi la violenza invertì la direzione e ci fu addirittura il rischio che il Veneto si trovasse a confinare con la cosiddetta settima repubblica federativa jugoslava, composta dal Friuli orientale e dalla Venezia-Giulia. Anni durissimi quelli del dopoguerra, che videro il vicino Friuli in una prima linea di violenze e di passioni ideologiche fortissime che produssero infoibati ed una pulizia etnica che prese il nome di esodo.
Dei 150 mila profughi che arrivarono in Italia ben 66 mila rimasero in Friuli, ma il Veneto, ospitandone 18 mila, fu la seconda regione italiana per accoglienza. Poi tutto si stemperò e negli anni Ottanta esplose l’amore turistico-balneare per le coste jugoslave (oggi diremmo croate, ma all’epoca la suddivisione delle repubbliche era alquanto vaga): ammettiamolo, era un amore anche un po’ interessato dato che i costi - a causa della crisi economica jugoslava e del dinaro svalutatissimo - erano talmente contenuti da farci sentire tutti benestanti. Ma per i giovani post-ideologici di quegli anni che vivevano nel Veneto del secondo boom economico la Jugoslavia ormai a sua volta post-titoista presentava davvero caratteri edenici, dal mare blu cobalto ai piatti di pesce a buon mercato, dal naturismo disinvolto ai paesaggi mozzafiato. Poi, appunto vent’anni fa, l’inizio della fine. Una fine che culminò nel 1999 con l’attacco aereo della Nato contro la Serbia di Milosevic, attacco che coinvolse intensamente anche la base veneta di Istrana. Le convulsioni degli anni Novanta portarono in Veneto migliaia di ex- jugoslavi in fuga dalla guerra e dalle crisi: sono soprattutto serbi, macedoni, bosniaci, kosovari. E con una particolarità: la loro forte concentrazione proprio in Veneto. Di tutti i serbi residenti in Italia, ben un terzo di loro vive in Veneto e su percentuali simili sono anche i croati ed i bosniaci. Ancora oggi - è l’inerzia linguistica - c’è chi dice di andare in vacanza in Jugoslavia, anche se di quel complesso mosaico conosciamo turisticamente solo la Croazia (tra due anni nuovo membro dell’Unione Europea: non chiamiamoli più extracomunitari). E’ un peccato, perché ciò che fu la Jugoslavia non è il tenebroso «hic sunt leones» dell’Europa, ma un’area che davvero merita tutta la nostra curiosità. Di viaggiatori, più che di turisti.
Vittorio Filippi
Tratto dal Corriere del Veneto



Una canzone dedicata a tutti gli jugonostalcici : Pljuni i zapjevaj moja Jugoslavijo
Ricordo anche il nostro post sugli EKV e la famosa canzone Idemo che aveva tristemente previsto tutto cio' che sarebbe successo molto molto prima che succedesse

TRASLOCO

  In foto la statua di Ivan Mestrovic, lo scultore croato che ama lavorare per la Serbia Ci siamo trasferiti in 5 altri siti Uno si chiama  ...