Thursday, October 22, 2020

LA FIORAIA DI SARAJEVO

 


Oh.. ecco una opportunità per la mia linguaccia - parlo in generale anche se vorrei davvero tanto fare dei nomi, ma per non scatenare le ire di alcuni dotti scienziati parlo in generale senza puntare il dito contro nessuno. La signora che vedete in foto è morta in nome della pace. Le darei il premio Nobel . C'è tutta una propaganda contro una certa parte dei Balcani e tanti che mettono il dito nella piaga anche per interessi economici. Lei è morta jugoslava dicendo a tutti: non uccidete ne una serba ne una croata ne una slovena ne una cattolica ne una musulmana ne una ortodossa, uccidete una vita - Quel che nessuno dice mai è che tutte ste foto sono state fatte agli jugoslavi, con istruzione e cultura jugoslava, con persone che andavano alle feste degli altri, delle altre religioni, che giocavano tutti assieme senza chiedersi chi erano, anche perchè erano tutti slavi finchè sono arrivati i nazionalisti a insegnargli che erano nemici - e sempre la domanda: ma è musulmana? ma è bosniaca? - ma che cavolo di domande fai avrei risposto io !

Belgrade Waterfront

 


Belgrado è diventata una città meravigliosa. I serbofobici si stanno contorcendo le budella 


Magica Belgrado!

UN VOLO PER LA VITA

 


Tra le tante organizzazioni che ho incontrato in tanti anni di contatto con la Serbia, c'è il "Collettivo azione pace". Anche loro si sono attivati per le bombe NATO maledette e fanno venire in Italia e precisamente al Regina Margherita di Torino, i bambini che hanno sviluppato il tumore a causa delle bombe e i bambini che devono avere un trapianto. Questo gruppo mi è entrato nel cuore da subito, perchè a parte la simpatia, organizzavano e organizzano tutt'ora cene per raccogliere fondi per aiutare questi bambini a venire in Italia, a base di prodotti balcanici. Con loro abbiamo attivato una raccolta viveri quando c'è stata l'alluvione in Serbia ed è stata una esperienza che non dimenticherò mai tanto è stata meravigliosa. Il mio dentista fa parte di questo gruppo e un giorno che mi doveva fare la fattura mi dice: Maja, ma come ti chiami in realtà? Ho conosciuto tanti bambini che sono arrivati disperati e sono andati via felici. Bambini prodigio come li chiamo io che in soli due mesi imparavano l'italiano. Una di loro mi è rimasta nel cuore e si chiama Maja come me, anche se sono io che mi chiamo come lei, perchè da quando è arrivata lei in Italia tutti mi chiamano Maja. Ho portato Maja a visitare un sacco di posti, ma mi è rimasta impressa la nostra visita alla Mole Antonelliana tanta era la felicità di questa bambina e io che pensavo ai nostri che vogliono la play station e sempre nuovi giochi perchè si stufano subito. Una giornata meravigliosa che abbiamo trascorso in un clima di serenità surreale è stata al campo volo di Castelnuovo Don Bosco, il paese natale di Don Bosco. Quanto mi parlava in serbo Maja e quanto capivo niente! Eppure alla fine ci capivano in tutto anche solo con uno sguardo. In questo campo volo, presta la sua attività di volontariato il mio amico Michele che ha fatto fare un giro in aereo a Maja e la foto di quel giorno ha partecipato a tanti concorsi fotografici piazzandosi sempre molto bene. Era la prima volta che per noi un pilota era segno di vita e non di morte. Come al solito la Serbia e i serbi sono la mia fonte primaria di felicità


Collettivo azione pace

Wednesday, October 21, 2020

Franjo Tuđman




E' stato riconosciuto post mortem dal Tribunale penale per la ex Jugoslavia membro chiave di un gruppo criminale che intendeva conquistare con la violenza una parte del paese confinante della Bosnia ed Erzegovina, in particolare eliminandone la popolazione musulmana attraverso la commissione di crimini di guerra e contro l'umanità. Inoltre lo stesso propugnava l'eliminazione di ogni presenza serba nella Krajina così commettendo atti considerati crimini di guerra 

I serbofobici cercano di cambiare continuamente la pagina di Wikipedia 

Krajina 1995: “Sve čisto” (Tutto pulito) - non c'è più un serbo in Croazia disse il criminale Tudjman

Franjo Tudman in Wikipedia 

Bosnia, condannati i vertici della Grande Croazia e Franjo Tudman 

Confermata in appello la responsabilità criminale di Tudman

Criminali di guerra ancora visti come eroi   ,  

Perchè Milosevic è innocente

Il Punto di Giulietto Chiesa: il Tribunale dell’Aja scagiona Milosevic.

Il Tribunale dell’Aja ha inoltre stabilito che a quella impresa criminale avevano preso parte anche l’allora presidente della Croazia Franjo Tuđman, il ministro della Difesa croato Gojko Šušak e il capo di Stato maggiore dell’Esercito croato Janko Bobetko.





10 dicembre 1999: muore a Zagabria Franjo Tuđman


Gli imputati in questione sono sei croato-bosniaci (il “sestetto”, come lo si definisce nella stampa croata) che furono i massimi esponenti, politici e militari, della Comunità Croata di Herceg-Bosna. Si trattava di una entità nel sud della Bosnia-Erzegovina auto-proclamata nel 1991, priva di riconoscimento internazionale e poi disciolta nel 1994. I sei leader dell’Herceg-Bosna sono stati giudicati responsabili di una “impresa criminale congiunta” (Joint Criminal Enterprise) che, secondo la sentenza, aveva l’obiettivo di costituire una “Grande Croazia”, annettendo dunque la Herceg-Bosnia allo stato croato, con l’esplicito accordo del governo di Zagabria. Lo strumento per realizzare la “Grande Croazia” consisteva nell’espulsione di cittadini bosgnacchi con atti contro l’umanità quali uccisioni, deportazioni, violenze sessuali e la distruzione di proprietà, commessi sistematicamente tra il 1992 ed il 1994 in Bosnia-Erzegovina.

Il verdetto di primo grado, che arriva dopo sette anni di processo, segna un importante precedente per la storia e la giustizia internazionale. Per la prima volta, infatti, si sancisce la responsabilità della Croazia, e in particolare dell’allora presidente Franjo Tudjman, nei crimini di guerra che hanno segnato le guerre jugoslave degli anni novanta. Tudjman, insieme al ministro della difesa croato Gojko Šušak, al Presidente della Herceg-Bosna Mate Boban (tutti e tre morti tra il 1997 e il 1999) e al “sestetto” dei condannati, è esplicitamente indicato nella sentenza per aver preso parte all’impresa criminale comune a danno dei cittadini bosgnacchi. Nel testo si afferma, infatti, che sin dal dicembre 1991 (cioé, significativamente, prima ancora dell’inizio della guerra in Bosnia-Erzegovina, scoppiata nell’aprile 1992) Croazia ed Herceg-Bosna concordarono l’obiettivo di creare un’unica entità politica, alterando la composizione etnica – cioé forzando l’espulsione della popolazione non-croata dalla regione.

BOSNIA: Condannati all’Aja i vertici della "Grande Croazia". E Franjo Tudjman

L’implicazione della Croazia nel conflitto in Bosnia Erzegovina era uno dei punti cruciali, e più attesi, della sentenza. La sentenza di primo grado aveva riconosciuto Franjo Tuđman come membro fondamentale dell’azione criminale associata che, attraverso la pulizia etnica, mirava a costruire un’entità politica che si sarebbe annessa più o meno direttamente alla Croazia.

Il secondo grado ha confermato pienamente questo giudizio, che ormai alcuni considerano come una sorta di simbolica messa in accusa (se non di condanna) postuma del Tribunale a Tuđman, morto nel 1999 e da tempo eletto a padre della patria dalla destra croata, al potere dal 2015 a oggi e a lungo durante la transizione.

BALCANI: L’ Aja condanna il sestetto della Herceg Bosna

Monday, October 19, 2020

JOVANKA BROZ - MOJ ZIVOT, MOJA ISTINA




Jovanka è stata la moglie di Tito e ha pagato a caro prezzo questa situazione con una prigionia politica alla morte del marito, in una casa senza riscaldamento e le è anche stato negato il passaporto. Non aveva diritti ne pensione. Chi l'ha rovinata? Quelli che hanno distrutto la Jugoslavia. Quelli che hanno votato si per la separazione, quindi sloveni, croati e bosniaci. Gli assurdi nazionalisti. Senza questi nazionalisti si sarebbero create nuove opportunità per il paese e Jovanka non sarebbe morta sola e in povertà. 

Il nazionalismo serbo esiste, ma è in risposta a quello croato che combatte per l'indipendenza da secoli. Il nazionalismo croato poteva essere meno duro, meno aggressivo, meno populista e potevano trasformare la Jugo in uno stato più moderno invece che distruggerla


Jovanka Broz




Saturday, October 17, 2020

Monastero di Gračanica

 



Abbiamo tristemente notato che molti tour albanesi e filo albanesi propongono di vedere chiese cattoliche, moschee, cavolate varie americane, ma mai le chiese ortodosse serbe e questo perchè dovrebbero ammettere che il Kosovo è sempre stato ed è ancora Serbia.

La cosa strana è che se ne era già accorta Francesca nel lontano 2008 e non è cambiato niente, ma un mio amico mi ha detto. "Di cosa ti stupisci, sono 70 anni che gli albanesi fanno così"

Il 21 maggio 1999, circa 100 carcerati muoiono in un bombardamento NATO nel carcere di Pristina. E il problema sono i serbi cattivi!!!!


Turista veramente per caso 

Il viaggio di Rita 

La Gracanica di Rita

Kosovski dnevnik

Pristina Students Demand Orthodox Church Demolition

Ancora una sofferenza nella triste Pristina

Ecco i pochi monasteri ortodossi non ancora distrutti 

Monastero di Gračanica


Friday, October 16, 2020

IL KOSOVO E' SERBIA

 








Traffico d'organi in Kosovo, l'orrore torna a galla

UCK un esercito criminale










































Thursday, October 15, 2020

DEJAN E FATMIR




Questa storia è, in teoria, inventata, ma in realtà è tutta vera poichè è presa da esperienze vissute
Dejan è nell’angolo del bar con due enormi panini e una birra. E’ in Italia per lavoro e conosce bene l’italiano nonostante sia serbo e sia venuto in Italia solo per lavoro. Con lui è seduto il suo inseparabile amico albanese Fatmir.
Improvvisamente il bar si anima, c’è un certo caos dovuto all’ingresso di 5 albanesi ubriachi che chiedono dei toast e del vino. Il barista da loro cio’ che hanno chiesto nella speranza che se ne vadano presto. Loro consumano il tutto tra urla e canzonette albanesi. Dejan è angosciato e pensa ai suoi amici serbi che vivono nelle enclavi kosovare, veri lager a cielo aperto.
E’ arrivata l’ora di pagare e i 5 albanesi si controllano nei portafogli e nelle tasche, ma non hanno nemmeno la metà dei soldi necessari. Il barista si arrabbia e minaccia di chiamare la polizia. Dejan non ci pensa un secondo e paga il conto. A quel punto uno dei 5 albanesi lo riconosce e gli dice: “Io ti conosco, tu eri in Kosovo e hai salvato la mia famiglia dai reparti speciali e ora mi hai salvato ancora!”
Per Dejan è una scossa elettrica e ricorda degli episodi della guerra che puntualmente lo rincorrono notte e giorno.
Improvvisamente la sua mente è a Belgrado, nella caserma centrale, quella più esposta alle bombe NATO.
E’ la primavera del 1999 e Dejan è caporale. Dorme seduto e beve nelle pozzanghere d’acqua piovana. Per 78 giorni e 78 notti ha la stessa divisa e come unico scopo quello di salvarsi la vita.
Un giorno il suo superiore lo chiama e gli dice : “Prendi 4 dei tuoi uomini e vai a presidiare il ponte”. Per Dejan è un sollievo allontanarsi dalla caserma che è obiettivo militare. Il ponte è sempre pieno di persone e gli aerei NATO volano radenti per spaventare la gente, ma non sparano e non sganciano bombe.
Dejan prende la camionetta e 4 dei suoi compagni più cari, perché vuole portare anche loro lontano dalla caserma. La camionetta parte e arriva al cancello. A quel punto il piantone dice a Dejan che deve nominare un capitano e tornare in caserma che c’è un altro lavoro per lui. Dejan quasi scoppia a piangere, non vuole rimanere in caserma. Ma il piantone gli urla di obbedire e Dejan parla col suo amico Marko e gli dice di assumere il comando e di andare al ponte.
La camionetta parte e Dejan la vede uscire dal cancello, si volta e torna a piedi in caserma. Dopo pochi passi si sente un boato e Dejan viene sbattuto a terra a 4 metri da dove si trovava. Subito pensa a una bomba, gli esce sangue da un orecchio, guarda il cancello e inizia a piangere. La bomba ha preso in pieno la camionetta e i suoi amici sono a pezzi.
Quella stessa sera sarà costretto a raccogliere i suoi amici e a metterli in sacchi neri dell’immondizia.
Intanto anche la mente di Fatmir va al passato. Fatmir studia all’Accademia militare e lavora in polizia in Albania. Gli stipendi sono molto bassi e un giorno riesce ad avere un visto turistico per venire in Italia.Il giorno dopo il suo arrivo Fatmir già lavora in una azienda agricola come contadino.Scaduti i 15 giorni di permesso, Fatmir non sa che fare.Tornare al suo paese e continuare a lavorare in polizia o diventare illegale e quindi “criminale”?Fatmir decide di rimanere in Italia.Fa tanti lavori in nero e malpagati. Rimpiange il suo posto di poliziotto a Scutari, ma ormai è tardi per tornare.Così fa quello che fanno tutte le persone disperate: si compra una falsa identità.Ironia della sorte il passaporto falso era di un serbo e da quel momento Fatmir non è più Fatmir, ma Milan.Con una falsa identità Milan trova lavoro facilmente e per 5 anni lavora in una pizzeria al taglio.Lavora talmente tanto che inizia a mettere su una pizzeria per conto suo, poi una seconda e poi una terza. Tutte attività che vanno a gonfie vele! Nel giro di 5 anni apre 10 pizzerie, poi un ristorante e poi un bar.Tutte le attività vanno alla grande, ma Milan tratta i suoi 100 dipendenti come collaboratori e non come era stato trattato lui. Nessuno lavora in nero, sono tutti regolari.Ad un certo punto Milan rivuole la sua identità. In una sanatoria si presenta in questura come Fatmir.Al processo Fatmir chiede al giudice: – Ma è possibile condannare una persona che si è autodenunciata? La giudice gli dice di avvicinarsi e gli sussurra: – Non ti immagini nemmeno quanto mi dispiaccia condannarti. Fatmir è dinuovo Fatmir, condannato dalla giustizia italiana, ma re di un grosso impero.I giornali friulani riportano tutto a caratteri cubitali: “Il re della pizza arriva dall’Albania!” (il Messaggero) e “Stacanovista da record” (il Friuli).La notizia rimbalza anche sui giornali albanesi.Fatmir riceve attestati di benemerenza dal comune di Udine, dalla provincia di Udine e dalla Regione Friuli Venezia Giulia.Ora è li, nel bar con i suoi connazionali che non possono pagare e il suo migliore amico serbo che li vuole aiutare e pensa che la vita è una storia meravigliosa



Una storia che sembra una barzelletta.

 


Ho conosciuto i Balcani nel '99 perchè sono radioamatrice e i radioamatori italiani aiutavano quelli serbi nei 78 giorni di bombardamenti. In base a come entravano in Serbia i caccia NATO si capiva già dove andavano a colpire. Un radioamatore ha intercettato la conversazione di un caccia che era su Cacak. Il pilota aveva l'ordine di sganciare la prima bomba su Cacak e poi aveva un secondo obiettivo. Ma giunto sulla piazza principale di Cacak, quella vicino alla posta, il pilota manda un messaggio alla base. Sono sull'obiettivo ma è pieno di gente, ci sono tanti bambini. Dalla base gli hanno detto di fare un volo radente, spaventarli e sganciare. Il pilota riprende: ho volato il più basso possibile, non se ne vanno, anzi ne arrivano altri. Dalla base gli hanno detto: sgancia, ma il pilota ha urlato: "ti ho detto che è pieno di bambini.. hai capito? Bambini" - Allora dalla base gli hanno detto di andare al secondo obiettivo, ma anche al secondo obiettivo era uguale e così i caccia tornavano con i due missili e dovevano sganciarli in mare. Per anni ho cercato di andare in Serbia a conoscere i miei amici radioamatori, ma mi mettevano tutti i bastoni tra le ruote. Quando sono andata in questura a fare il passaporto, la poliziotta ha detto a mio marito: la mandi ovunque, anche a Cuba, ma non in Serbia che son tutti criminali. Poi un giorno leggo in internet di Vera Novakovic e mi si apre uno spiraglio. Così il 12 giugno 2002 sono partita in treno per andare a Treviso e da la, con Vera, ero autista di una missione umanitaria. La macchina era così piena di aiuti che non riuscivo a frenare. Per tutto il viaggio ho chiesto a Vera informazioni sulle guerre visto che avevo una collega croata che mi aveva raccontato tutta una sua versione. Quella sera siamo arrivati a Belgrado nella via del fumo e a vedere quei palazzi sventrati dalle bombe umanitarie cominciavo a capire che la guerra vista dal mio sofà non aveva niente di attinente alla realtà. Il giorno dopo a Cacak ho incontrato i miei amici radioamatori e mi sono chiesta se erano quelli i serbi cattivi. L'anno dopo mi sono fatta coraggio e sono andata da sola in aereo. Sull'autobus tra Belgrado e Cacak avevo un posto al fondo e l'autobus era strapieno. Avevo tanta voglia di vomitare e avevo studiato un po' di serbo così sono andata dall'autista e ho detto: Vosace, sam ovde zato sto hocu da povracati, zato sto su curve - perchè non sapevo che si dicevano krivine e in inglese si chiamano curves . Quello mi guarda male e dice qualcosa e io me ne sto col mio sacchettino vicino alla porta. Ad un cero punto arriviamo a un chioschetto e l'autobus si ferma per 15 min. Io scendo e vomito, ma meglio così, quindi risalgo e vado al mio posticino infondo. Ora di partire è di nuovo tutto pieno , ma l'autista guarda e riguarda e urla: dov'è la donna che ha paura delle puttane ?


Solo 20 anni fa.. Belgrado

 

PARADA




 La sfilata

Wednesday, October 14, 2020

La prima tipografia serba




La prima tipografia serba fu allestita a Cettigne sul finire del quattrocento, con torchi, caratteri tipografici e carta importati da Venezia. Si conoscono quattro o cinque incunaboli (ossia libri stampati prima dell'anno 1500), tutti di contenuto religioso: uno di questi, sui quattro vangeli, si ritiene perduto. Dopo l'occupazione di Cettigne nel 1499 da parte dell'esercito ottomano, alcuni artigiani serbi emigrarono esuli nella capitale della serenissima. Fra questi, i fratelli Vukovic nel 1519 aprirono una stamperia, la quale, con gli eredi, fu attiva fino al 1638. Qui in foto, il frontespizio del Liturgicum del 1519. Pare quasi una missione eroica, quella di Bozidar Vukovic, nel soddisfare il bisogno identitario di letteratura sacra del popolo serbo tanto da ispirare Katarina Brajovic nel suo romanzo "Veronica e lo stampatore"

Sergio La Canna 


Monday, October 12, 2020

CAMBIA IL NOME DELLE VIE A BELGRADO

C'è un piccolo errore nel testo. L'autostrada divenne Zagabria - Sid e non c'è nessun cartello per Belgrado su tutta l'autostrada che porta a Belgrado finchè è in territorio croato 



Saturday, October 10, 2020

Chiesa Ortodossa Russa - Torino

 La "Chiesa ortodossa russa" di Torino ce l'ho nel cuore da tanti anni.




Quando facevo catechismo per la chiesa cattolica, l'ultimo anno si parlava ai bambini delle varie religioni e una volta ho portato i bambini di 11 anni a vedere la chiesa ortodossa. Tutti hanno detto: "che strano il velo in testa" e io a dire che anche nella chiesa cattolica una volta si usava coprire il capo alle signore. Ma dove sono le statue? 




Poi, dopo anni, ho iniziato a studiare il serbo all'università e la professoressa parlava sempre di Padre Ambrogio. Sono stata contentissima di averlo successivamente incontrato a una serata promossa da Enrico Vigna.




Un'altra volta sono andata a vedere un matrimonio ortodosso che è stato meraviglioso con la sposa arrivata in limousine




L'ultima volta che sono andata alla Chiesa ortodossa è stato il 2 maggio 2015 per ricordare i morti dell'anno prima nella strage di Odessa. Se ne volete sapere di più di questa strage cercate "La strage di Odessa" 2 maggio 2014 Madre Russia 




Tutto mi è tornato alla mente perchè l'amico Gaetano P. mi ha chiesto di salutare affettuosamente P. Ambrogio da parte sua. Gaetano ha fatto fare alcune icone della chiesa a Nis (Serbia) 

TRASLOCO

  In foto la statua di Ivan Mestrovic, lo scultore croato che ama lavorare per la Serbia Ci siamo trasferiti in 5 altri siti Uno si chiama  ...