Via Makedonska. L’aria è calda e polverosa. Il marciapiede è
intasato da automobili parcheggiate e affolato di passanti. Davanti all’entrata
della Casa della Gioventù, una bambina siede sulla scala e chiede la carità.
Vicino alla creatura, dall’aspetto sporco e cencioso,
si trova una scatola di cartone, in cui ogni tanto tintinna qualche monetina
gettata di passaggio.
Come un piccolo robot, ripete ogni volta frasi imparate in
modo meccanico e poi getta di nuovo lo sguardo davanti a se, sul marciapiede
pieno di automobili e passanti frettolosi.
Evidentemente le è indifferente quanto denaro raccoglierà
nel corso della giornata.
Man mano che il tempo passa, sempre più di frequentemente,
il suo sguardo vaga tra i bambini della sua età con genitori o nonni che li
conducono a passeggio per la Kneza Mihailova oppure al Kalemegdan*, dove, lei
sa, è più bello per i piccoli.
Le immagini di gelati, popcorn, automobiline e giostrine,
palloncini di tutti i colori, si alternano davanti a lei, ad occhi chiusi.
Ad un certo punto sopraggiunge un giovane, forse un tempo
piuttosto bello, ma ora vestito in modo disordinato e casuale, il quale conta
il denaro nella scatola e scontento inizia ad inveire verso la bambina
spaventata.
Con rabbia e clamore si scaglia contro la piccola
lavoratrice, le tira i capelli, ma non riesco a distinguere cosa le dice.
Qualche passante si ferma, guarda quella scena
insopportabile e velocemente se ne va.
La bambina dopo poco rimane sola con la scatola vuota, nello
stesso posto, ad iniziare da capo, come la mattina.
Quella scena è trascorsa in meno di un minuto ma
l’impressione che mi ha lasciato è di quelle che durano per l’eternità. Sto in
piedi sull’altro lato della strada vicino al negozietto dove si vendono i
panini e la bambina oltre la strada piange e, ogni tanto, si gira verso la
direzione nella quale si è avviato il giovane.
Compro una brioches rivestita di cioccolata e un tetrapack
di latte di mucca, attraverso via Makedonska per dare il mio contributo e un
po’ di consolazione alla bambina sconosciuta.
Lei piange. Lacrime di bambino. Sofferenza di bambino.
Sfortuna di bambino.
Dovrebbe esistere un tribunale solo per i delitti che sono
causa di lacrime e dolore per i bambini.
E i giudici dovrebbero essere soli bambini, rimugino.
La bambina piange
silenziosamente, tra sè. Non si occupa del suo lavoro ora, della sua questua
forzata. Non esterna più quelle frasi
imparate a memoria. Piange sola tra sé e sé. I soldini risuonano davanti
ai suoi piedini scalzi e adesso, dopo la scenata del suo ‘capo’, più di prima.
Siedo vicino a lei e le offro il mio ‘contributo’: la
brioches ed il latte. Sporca di polvere e lacrime mi guarda spaventata e
sorpresa. Ma già un attimo dopo, senza parole,‘cancella’ il mio ‘contributo’
senza esitazione.
Chi sa quanto a lungo
non ha mangiato, penso tra me, mentre guardo le sue magre braccine e le sue gambe
sottili. Quando finisce, mi sorride con complicità.
Ha dimenticato,
almeno in questo momento, quel brutale uomo che non le permette di essere una
bambina spensierata.
Da quella volta, ogni tanto la vedo in via Makedonska, sulla
scala, davanti alla Casa della Gioventù, e adesso noi due ci riconosciamo.
Se vedete una piccola, magra bambina con una scatola di
cartone, e non solo lei, e non solo in questo posto, ma in qualunque altro in
città, un bambino qualsiasi, piccolo questuante, al posto delle monete,
offritegli una brioches oppure una pallina di gelato.
Non cambierete il suo destino, ma gli darete un attimo di
consolazione, un po’ di piccola allegria infantile e lo salverete dalla fame,
se non è possibile mettere fine agli interessi del suo ‘padrone’.
Racconto di Radmila Pecija Urosevic
Traduzione di Laura Maestrello
1 comment:
Che bella dose di umanità nei racconti di Radmila Pecija Urosevic
Tatiana
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