Tuesday, August 23, 2011
Giù le mani dalla Piramide
Confesso che anche io vorrei distruggere l' EUR.. ma poi è anche vero che leggo commenti come questo :
"quando il presente cancella le tracce del passato apre la strada a un futuro oscuro.
la memoria di un popolo si manifesta anche mediante forme architettoniche, luoghi e persino paesaggi. non è con un colpo di spugna che si sopprime il dolore della storia, non è con le ruspe che si cresce e che si diventa incapaci di ripetere tragici errori pregressi. la demolizione della ragione non prelude l'arrivo di tempi migliori"
... e allora medito !
Ci incontraimo alla Piramide
Sunday, August 21, 2011
Melissa e le danze Gitane
MELISSA MATTIUSSI – Danzatrice, insegnante di danza, ricercatrice e sperimentatrice del movimento legato a corpo, spirito ed emozioni, nonché giornalista e scrittrice, laureata in Lettere Moderne con indirizzo Artistico-Pedagogico, Melissa ha iniziato a danzare quando era nel pancione della mamma. Si è formata attraverso la danza classica per 16 anni, sostenendo stage ed esami della Royal Academy of Dancing di Londra, patrocinata dalla Regina Elizabeth II. Si dedica da molti anni al Flamenco, studiando in Italia e Spagna con artisti di alto livello e tenendo spettacoli insieme a gruppi mutlietnici. Ha studiato varie Danze Etniche, Danza Duende, Teatro Danza, Tantra, Pedagogia della Danza, Hilal Dance, Danze indiane, Orientali e Mediorientali, Belly Dance, Danza Moderna e Contemporanea, Hip Hop. Partendo dai ritmi dei diversi popoli, rielabora movenze originali e fruibili anche dai corpi meno abituati al movimento e alla ritmica. Melissa percepisce la danza come elemento indispensabile per l'espressione del Sè e per una miglior qualità di vita. Nella musica il suo corpo ride e danza, lontano da ogni malinconia, perchè quel che si muove non congela...
Grazie al suo spirito intraprendente, tenace, pieno di passione e sincerità, Melissa ha aperto con danze il concerto di Goran Bregovic al Teatro degli Arcimboldi di Milano, il 29 ottobre 2009.
La biografia
Melissa Mattiussi in you tube
Saturday, August 20, 2011
Santo Nole da Beograd
Io ( Lina ) sono davvero spazientita.. e ho utlizzato un termine educato e ogni giorno cerco qualcosa che possa tirarmi un po' su di morale.
Oggi ho sentito una magnifica notizia in tv : Nole è in semifinale a Cincinnati e Federer e Nadal sono k.o. alla faccia del nostro amico/nemico di Belgrado
Forza Djokovic.. regalaci un altro sorriso !
Djokovic a Cincinnati
Ha dell'incredibile !
Saturday, August 13, 2011
Gala
Ecco a voi Vesna Galiot detta Gala in Kazna (cliccate su Kazna)
Thursday, August 11, 2011
La Serbia e l'inflazione
Alcuni anni fa, Dejan mi ha dato una banconota da 500.000.000.000 dinari, dicendomi di parlare ai miei amici dell'inflazione.
La carta moneta è un'arma, esattamente come un fucile o un kalasmikof.
Non so' a dire quanti pensionati conosco che svernano in Brasile spendendo molto poco rispetto a quello che avrebbero speso in Italia.
Il mio amico Milan, in Serbia, lavora anche 12 ore al giorno in una falegnameria e guadagna 300 euro al mese.
Tra il 1993 e il 1994, in Serbia, si è avuta la peggior inflazione che si possa ricordare a memoria d'uomo. Andavi in banca a prendere i soldi e correvi a fare la spesa, perchè i negozianti aumentavo i prezzi ogni ora, producendo un'inflazione che era circa al 25 %.
I negozi statali, quelli in cui i prezzi avrebbero dovuto essere "calmierati", erano vuoti e quindi si ricorreva alla cosidetta "borsa nera".
I benzinai erano chiusi e ci si riforniva da macchine che viaggiavano per strada con bidoni e imbuti.
Gli autobus funzionavano solo uno su 4 e non sempre, perchè il più delle volte si aspettava e si aspettava anche ore, ma l'autobus non c'era proprio.
Il tasso di disoccupazione era al 30% e vi era difficoltà ad approvigionarsi anche delle cose semplici come pane e carne.
Il riscaldamento condominiale era spento e si rischiava di rimanere senza corrente elettrica poichè le persone accendevano le stufette elettriche per scaldarsi.
Molte macchine ospedaliere e letti e tutto cio' che si poteva trasportare fu venduto alle cliniche private e non c'erano soldi per le pensioni.
Si arrivo' ad un punto in cui nessuno voleva comprare in dinari e tutti cercarono di sostituire il pagamento con marchi tedeschi, ma all'inizio un marco era un milione di dinari, poi 6 milioni di dinari e ben presto si arrivo' a 37 milioni di dinari.
Uno stipendio era pari alla 230esima parte di cio' che la famiglia necessitava.
Quando ho chiesto a Dejan come si è usciti da questa situazione, mi ha risposto : con la guerra.
LE SANZIONI ALLA YUGOSLAVIA
L’embargo alla Federazione Yugoslava è
stato imposto per la prima volta l’8 gennaio ‘91dalla Unione Europea. Quasi un
anno dopo, il 6 dicembre, gli Stati Uniti decretavano le stesse misure. Il 30
maggio ’92 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite introduceva un embargo
commerciale e finanziario totale verso la Repubblica Federale di Jugoslavia che
si è protratto per 1271 giorni sino al 22/11/1995 quando è stato revocato
definitivamente con la sola precedente sospensione del divieto di volo e di
partecipazione a manifestazioni sportive dal 23 settembre dell’anno precedente.
Gli Stati Uniti hanno poi revocato le proprie sanzioni nel marzo 97 e, per
ultima l’Unione Europea il 14 settembre.
Le conseguenze sul piano umanitario di
questo primo periodo di embargo sono documentate più avanti. E’ però importante
tenere a mente nel valutare la gravità della decisione di imporre sanzioni dopo
la guerra che queste si inseriscono su una situazione già grave per l’embargo
dell’Onu e, per di più, aggravata dalla guerra.
Già nel marzo 98 la UE reintroduceva
prime restrizioni agli scambi commerciali con la RFJ. Il Consiglio dell’Unione
Europea ha deciso una serie di limitazioni alle relazioni economiche, in
particolare di carattere finanziario che verranno inasprite all’inizio dei
bombardamenti con il divieto di vendita di prodotti petroliferi e poi il 10
maggio con una serie di altre misure.
Nel merito si tratta di :
interdizione dei voli
congelamento dei beni all’estero
interdizione delle transazioni
finanziarie
interdizione della fornitura di prodotti
petroliferi
interdizione della vendita di beni atti
ad essere utilizzati nella ricostruzione delle infrastrutture distrutte dalla
guerra,
Le stesse misure sono state prese dagli
Stati Uniti.
Wednesday, August 10, 2011
Guca 2011
La festa è davvero unica e piena di gioia e per la nostra crew, quest'anno, c'è una vera sorpresa.
Ci racconterà tutto al ritorno la nostra cara Ivana K
Intanto guardiamoci qualche breve filmato degli anni scorsi :
Guca.rs sito ufficiale
Made in Serbia
Guca (Srbija)
Bregovic LIVE in Guca 2007 (Mesecina)Goran Bregovic - Alo Alo / Gas Gas (Guča 2010)
Goran Bregovic - Kalasnjikov (Guča 2010)
Giuseppe e Guca
Guca 2009 di Sajkaca
Thursday, August 4, 2011
Il racconto di Carlotta. Terza parte
La mattina ci tranquillizzano : i cori di sirene non promettevano bombe, venivano dalle fabbriche. Qui si fabbricano madonnine di gesso, business diurno per altri costruttori, devoti o no. Sembrerebbe che a Medjugorie fossero i fornai a impastare le madonnine (noti in tutto il mondo per lavorare di notte).
Caricati sui pullman, via per dirupi verso Mostar, divisa in due, croata e bosniaca. Da Mostar ovest ci si spinge verso la zona musulmana. Si varca un ponte di assi, al posto del millenario ponte di pietra buttato giù dalla guerra. Pencola peggio della passerella di mani “beate” che oscillavano sotto i nostri piedi quando siamo andati in gita sulle nuvole. Tiriamo a diritto, con gli occhi fissi su tre montagne dirimpetto: di qua ci spiano i croati, di là i bosniaci e in mezzo stanno appostati i serbi.
Si ostentano candide magliette sul genere “Mirate al petto!”, con un pollastro al centro che esibisce un ciuffo di rosmarino nel becco. Soltanto un mistico visionario scambierebbe il rosmarino per un ramoscello di olivo e il pollo per una colomba. Mantengo un’apparenza spavalda mentre mi raccomando alla Madonna di Medjugorie.
Dal ponte si penetra nel cuore di Mostar e della Bosnia, in una desolazione schiarita dall’azzurro-primavera degli automezzi Onu mischiato al colore autunnale delle divise militari, fra case distrutte e strade stellate, strade trapunte di squarci a forma di stella, come se in una notte stregata di San Lorenzo le stelle si fossero staccate dal firmamento precipitando sulla terra.
La poca gente rimasta esce a stringerci la mano, indifferente alle magiche crepe sul selciato, ormai avvezza a quella pioggia di stelle cadenti che si stampano nel terreno e hanno il nome di granate. Le donne piangono, i bambini s’infilano in mezzo agli strani turisti di pace che siamo noi.
Sostiamo presso la targa in memoria dei giornalisti della Rai caduti sul campo. Anch’io cado in un campo, nonostante la classe con cui un dinamico “beato” porta due zaini, il suo e il mio. Cado fra gli scoscendimenti del terreno e i gerani sparsi in una profusione di croci, tutte con la stessa data, tutte della stessa guerra.
Su per tornanti chiusi fra le rocce o sospesi sui precipizi, si parte alla volta di Kisjelak, col naso appiccicato ai vetri del bus, in deroga alle avvertenze dell’istruttore di tappare i finestrini con gli zaini, promossi a baluardo di granate errabonde. Siamo curiosi di vedere se una piroetta dell’autista non ci scaraventi nel verdeggiante strapiombo che lui continua a rasentare con spensierata caparbietà.
A Kisjelak mettiamo radici sotto il comando croato. Ultima frontiera conosciuta.
Dopo, ci aspetta “la terra di nessuno”, due chilometri e mezzo di strada costeggiata di mine, attraverso campi altrettanto fioriti di ordigni che si nascondono alla vista come timide viole. In fondo alla terra di nessuno comincia la Repubblica Bosniaca dei Serbi. Farnesina, ambasciate, comando militare croato sono una lega di “no” al chiodo fisso di don Albino di andare in braccio ai serbi giù fino a Sarajevo e lì piantare una tenda dove trascinare un serbo, un croato e un bosniaco anche a calci, anche per un solo minuto di “pacifica” convivenza.
Si bivacca con acqua diuretico-lassativa, si scambiano saluti con i convogli della Caritas e dell’Onu, bighellonando tra coprifuochi, colpi di mortaio e scrosci di “bandiera rossa la trionferà” del comunista che si è preso una cotta per don Albino.
Il nostro affascinante leader celebra la messa bianco-vestito in stola arcobaleno a un tavolo di plastica e fa un’eucaristica colazione inzuppando nel vino un pezzo di pane raffermo. Il sovversivo innamorato si limita a gorgheggiare le sue strofe terrene sull’ultimo accordo di “filate, la messa è finita” intonato da Don Albino.
L’unico diversivo è la pistola puntata al petto di padre Maurizio, francescano casual, in camicia scozzese e clarks. Gliela punta più volte un croato di guardia al confine di Kisjelak, seccato dalle sue insistenze di voler passare in terra serba con tutti noi al seguito. Una pistola al petto gliel’avrei puntata anch’io a padre Maurizio.
Molti prodi Anselmi (il cinquanta per cento dei “beati”) invidiano Mario Primicerio, il sindaco di Firenze, al quale, giorni addietro, hanno sparato davvero. Eccitati dalla promessa dei serbi di mitragliare anche noi, i prodi vogliono forzare il blocco, calare su Sarajevo dal Monte Ingman, proprio dove hanno fatto fuoco sul sindaco, il che può avere il suo charme se si viaggia dentro un carro armato come il sindaco. Le “beate” singhiozzano, sull’orlo di una crisi di nervi…
Don Albino è rapito dal prezzo che il cinquanta per cento dei “beati” è disposto a pagare ma, per quanto estatico, rimane immobile, con gran refrigerio del restante cinquanta per cento di beatitudini.
Trascorriamo il ferragosto a stampare l’impronta delle nostre chiappe sull’asfalto bollente, di faccia al comando croato, dove una sentinella ubriaca sventola la bandiera che alcuni valorosi “beati” le hanno messo in mano: Mir, Paix, Peace, Pace.
Moreno Locatelli
Wednesday, August 3, 2011
Boris Malagurski on RT
Non sono riuscita a capire bene tutto.. ma ho capito che il Kosovo continua a essere una bomba a orologeria e se qualcuno si tenesse i fucili a casa propria.. staremmo tutti più tranquilli.
Intervista a Boris Malagurski
TRASLOCO
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