Friday, April 27, 2012

Inquinamento sul fiume Ibar


Ci scrive un caro amico che è in Serbia , ma che ci racconta le stesse cose degli amici albanesi...


...Come tu sai il fiume Ibar rappresenta una risorsa turistica e naturalistica visto che lungo lo stesso sorgono i più importanti monasteri, è una risorsa idrica, si svolgono i campionati di rafting, altre manifestazioni ed è di interesse naturalistico-paesaggistico.
Sulle tv locali si parla spesso del problema (censurato naturalmente sulle tv nazionali).
Il contratto siglato tra il governo serbo (il 6 ci sono le elezioni e siamo in campagna elettorale) prevede che l’energia elettrica ricavata dallo sfruttamento delle risorse idriche vada direttamente in Italia senza che in Serbia resti nulla e cioè ne soldi ne energia. La stessa energia potrà al limite essere comprata dai serbi dalla azienda italiana. Cioè a fronte della cessione di una risorsa naturale i serbi non ne ricavano nulla.
Sembra poi che non siano state minimamente studiati gli effetti di impatto ambientale che a detta di molti esperti porterà ad importanti variazioni del microclima con conseguenze addirittura negative sugli affreschi dei monasteri. Inutile parlare di altro genere di impatto sotto il profilo paesaggistico naturalistico.
Altra informazione interessante è la seguente: Per la legge serba non si può procedere allo sfruttamento ed alla realizzazione di opere di impatto ambientale senza consultare la cittadinanza a mezzo dello strumento referendario, ma la  cosa non solo non viene fatta, ma viene assolutamente taciuta. MA QUESTO NATURALMENTE SI AGGIUNGE AL FATTO CHE: lo strumento referendario in questi casi è comunque previsto in base ad accordi internazionali europei di cui la Serbia è recentemente cofirmataria....

Wednesday, April 25, 2012

Imparare il Cirillico

Una cara lettrice del mio blog "Nothing against Serbia" mi ha mandato un link fantastico sul mio post che ho fatto sul cirillico ... Mi ha segnalato dei corsi per insegnare il cirillico ai bambini (a partire da 8 anni)!
Sul suo sito www.slovce.com trovate corsi di Serbo, frasette da imparare e un po' di materiale per imparare il cirillico.

Potete scaricare QUI il Corso di Serbo (cirillico) per bambini in 4 lezioni (niente male nemmeno per adulti che iniziano con il Serbo).


Meglio dare una ripassatina di cirillico prima di andare in Serbia, onda evitare che vi succeda come a Lina qui !! :-)

Qui un link sulla storia del cirillico

Saturday, April 21, 2012

Piran Pirano


E finalmente parliamo di questo fantastico film girato in parte in Slovenia e possiamo mostrare a tutte le nostre devojke quanto è bellissimissimo Francesco Borchi !!!


Official site...
Piran Pirano di Goran Vojnovic'...
Il video...

Tuesday, April 17, 2012

JUGOSLAVIA, IT'S THE SAME. Seconda parte

Continua da qui

Per una strana serie di casi, o di cause, o di casi nati da cause, ti ritrovi davvero più là, in quelle piazze, fra quelle persone. Per motivi e in tempi diversi ora vedi un'altissima cattedrale e sei in piazza Petar Preradovic, a Zagabria; ora vedi la Sava che confluisce nel Danubio, e sei nel parco di Kalemegdan, nella parte alta e vecchia di Belgrado, fra le mura di un'antica fortezza, costruita su una roccia calcarea il cui colore pare abbia ispirato il nome della futura capitale serba (Beograd, beli: bianco, grad: città). E poi Fiume, Zenica, Podgorica, Novi sad, Nis, Vrnjacka Banja e così via. Tutte quelle e molte altre piazze e statue e chiese, ti può capitare di vedere. Chiese tante, perché tante sono le religioni. Te ne accorgi facilmente quando passeggi nella Bascarsija, a Sarajevo e ti capita di passare da una chiesa cattolica a una ortodossa e da una moschea a una sinagoga, in soli cinque minuti.
Ti può capitare e infatti mi è capitato. Ed è stato un privilegio grande e inaspettato.


Ma abbandoniamo, per adesso, quelle piazze e statue e chiese costrette ancora ad essere figlie di un Europa minore, a metà strada fra l'oriente e l'occidente, legate al primo e rivolte al secondo, anche se da questo troppo spesso ignorate e sottovalutate e rifiutate, e torniamo in Istria, a Piran - Pirano. E, scusami, ma è necessario che io rientri nei miei panni, e forse è meglio anche per te.
E' il giorno libero e sono in macchina, alla frontiera tra Croazia e Slovenia, di ritorno da una bellissima gita a Pola. Siamo in quattro: io al volante, al mio fianco il regista e scrittore Goran Vojnovic (sloveno, di padre bosniaco, di Visoko), e dietro l'attore Moamer Kasumovic (montenegrino ma vive a Sarajevo da molti anni, musulmano) insieme a Sanja Popovic (attrice e conduttrice serba).
Siamo alla frontiera ed io sono già pronto a presentare i quattro passaporti, di quattro nazionalità diverse. La guardia di dogana slovena, però, fa uno strano sorriso e un cenno con il braccio, come a farmi proseguire. Io, sorpreso, dopo essermi quasi fermato accanto a lui, ringrazio con la mano e faccio per ripartire. "Stop!" grida lui. Io inchiodo all'istante. Lo guardo, si avvicina al finestrino e mi guarda anche lui. Mi chiede qualcosa in sloveno. Io, in inglese, rispondo che non capisco. Impassibile, con lo sguardo fisso su di me, mi chiede ancora qualcosa, sempre in sloveno, sempre con lo stesso tono. Io non posso fare altro che ripetere ancora una volta, in inglese, che non ho capito. Nel frattempo, dal sedile di fianco al mio, Goran inizia a spiegargli qualcosa, ovviamente in sloveno. Forse gli sta dicendo che sono italiano, che avremmo dovuto fermarci, ma ci sembrava che ci avesse invitato a passare oltre. Quindi il doganiere inizia a recitare un monologo, sempre in sloveno, nel quale riesco a cogliere spesso la parola "italiensko" o "italijan" e anche se sta parlando con Goran, continua ad avere lo sguardo appiccicato su di me. Ovviamente non capisco niente, ma di sicuro non usa parole carine. - Where I wrong? - bisbiglio ai miei compagni di viaggio, nel mio inglese spontaneo e sconnesso. Qualcuno, da dietro, mi fa cenno di lasciar perdere. Forse ha ragione. Meglio non indagare. E invece no, io voglio sapere. Ascolto con attenzione. "Slovenia, Hrvaska, Srbia, Bosna" dice lui, insieme ad altre cose che non saprei dire adesso. Sanja mi dice che si sta lamentando degli italiani, di tutti gli italiani, perché non sanno distinguere i paesi dell'Ex Jugoslavia l'uno dall'altro. Non solo, dice che siamo così ignoranti da metterci in mezzo anche l'Albania. Questo l'ho capito perché improvvisamente ha parlato in inglese. Sempre guardando solo me. Dice che non conosciamo, che abbiamo voluto dimenticare i nostri legami e le nostre responsabilità sul popolo albanese. Allora per un lungo istante provo a pensare all'Albania. Cerco delle immagini e mi appaiono davanti tutti quei pescherecci e quei gommoni lungo le coste pugliesi, scenario straziante dell'esodo degli anni novanta. Tutto qui? E poi cosa? Mi sforzo, e qundi cerco ancora: Albania, Albania, delinquenza, droga, violenza, un ragazzo che spezza una bottiglia su un tavolo e la punta in faccia a un cinese in piazza Mercatale a Prato, coltelli e cacciaviti in tasca, una prostituta bionda con una giacca rosa, fumo, ashish, cocaina, un gommone pieno di ragazzini che attraversa l'Adriatico, una mamma che vende un rene per pagare la scuola ai suoi bambini, un motorino rubato, un gruppo di muratori sporchi, con mani enormi, che bevono birra e ridono e mangiano un panino polveroso in pausa pranzo in un cantiere, immagini di bunker, di case distrutte, una macchina che passa con lo stereo a tutto volume, di nuovo una prostituta, di nuovo uno spacciatore, un finestrino rotto a una macchina in sosta. Una bandiera rossa con un'aquila nera a due teste. E poi il Kosovo. Anche quello mi viene in mente. Ma è tutto qui. Non mi viene nient'altro. Eppure ci sono anche stato in Albania, ma niente. Solo il triste epilogo della storia. E quasi non faccio caso di aver dimenticato di leggere il prologo e lo sviluppo drammatico.


Niente di niente che mi rimandi a eserciti romani, o ai più recenti plotoni dei nostri nonni, i quali di romano avevano ancora il saluto, che sono passati di lì lasciando molte tracce.
Certamente non siamo gli unici responsabili, figuriamoci, ma in questo momento non vedo alcuna differenza tra me e mia zia.
Guardo quest'uomo in divisa verde che parla ancora al mio finestrino. Penso che in fondo abbia ragione, noi italiani siamo proprio così. Ma abbiamo anche una grande virtù: lo sappiamo.
E quindi ora mi ribolle il sangue. Che cazzo vuole da me? Cosa devo fare? Ha ragione, l'ho già detto, ma non è simpatico. Allora decido che non vale la pena continuare e con un sorriso davvero idiota stampato sulla faccia gli dico, non senza un pizzico di humour, una frase che sarebbe poi rimbombata nel tempo, dentro di me, come una accusa e una difesa al tempo stesso nei confronti degli italiani: "Yes...Slovenia, Serbia, Bosnia... for me it's the same...Jugoslavia...it's the same..." e con un cenno con la mano, finito il controllo dei passaporti, lo salutiamo, "Dobar dan!".
Finalmente possiamo ripartire. In macchina scoppiano tutti a ridere per quello che è appena successo. Ma ridono anche di me. E della mia incoscienza, mi dicono. E tutti e tre si divertono a farmi presente che quello che ho detto, sarebbe saggio non ripeterlo più, soprattutto alle frontiere. Non si sa mai. E ridono ancora. E rido anch'io. Ma da qualche parte, dentro di me, anche se la mia provocazione aveva fatto centro, da qualche parte, per un attimo, ho sentito una puntura, come se una zanzara fastidiosa avesse fatto centro anche su di me. Credo di avere iniziato ad amare troppo, in modi e misure diversi, questi paesi, per non sentire il peso di una stronzata come quella. "It's the same". Ma so anche che mi è stato detto troppo poco di quella e di chissà quante altre parti di mondo. Qualcuno ha preferito così, e quindi non è solo colpa mia.
E poi, l'ho detto poco fa, all'inizio: da lì, da Prato, non è possibile capire niente.
In macchina, intanto, continuiamo a scherzarci su. Voglio credere di non avere detto niente di sbagliato. E anche se so che certe affermazioni possono fare perdere la ragione a qualche squilibrato, sono sicuro che lo sloveno, la serba e il montenegrino che sono in macchina con me, e chissà quanti altri milioni di persone dei loro paesi, preferirebbe che fosse davvero ancora "the same". Tutti insieme. E forse anche mia zia lo preferirebbe.

Francesco Borchi

Sunday, April 15, 2012

Dalla nostra inviata Chiara


"La danza del destino – Ritorno a Sarajevo"

Cara Lina,
io e Sergio siamo stati a Siena a Pasqua, per vedere Sarajevo attraverso le foto di Agostino Pacciani. Nel 1994, durante l’assedio, Agostino aveva scattato foto a persone che circa dieci anni dopo ha voluto ritrovare e rifotografare !!
Sul www.agostino-reportages.com ce ne sono alcune, esposte in Svizzera l’anno scorso.

Abbiamo potuto vedere le foto e sentire le voci delle persone ritratte: molte ringraziavano Agostino per essere tornato a cercarle, per essersi impegnato molto per trovarle (annunci sui giornali, ricerche nelle scuole e nelle università e per averle fatte incontrare nuovamente !!)
“Senza di te non ci saremmo ritrovati e riconosciuti – gli hanno detto i giovani e le giovani che giocavano insieme da bambini – perché con la fine della guerra le nostre famiglie si sono trasferite e noi ci siamo persi di vista!! Cercheremo di rimanere in contatto – gli hanno promesso – e quando ci incontreremo per caso in centro città (dove andiamo con la compagnia di adesso) ci saluteremo !!”

C’è un aspetto storico nella mostra ed uno artistico, ma secondo me questa mostra ha soprattutto un valore poetico:
• c’è il passato nelle foto del 1994: adulti e vecchi ritratti nell’atto di lavorare e di sopravvivere, bambini e giovani ritratti mentre giocano, cantano, ballano, suonano uno strumento musicale, “nonostante” la guerra e l’assedio.
• c’è il presente nelle foto del 2004/2006: quelle stesse persone e il loro destino.
• c’è il futuro nelle loro parole: i sogni e le speranze dei giovani e le disillusioni e le preoccupazioni dei vecchi.


IN QUESTO PONTE TRA PRESENTE E FUTURO possiamo riconoscere qualcosa di noi…..tutti noi !! Sia chi come me è entrato a Sarajevo durante l’assedio, sia chi come Sergio in quegli anni 1992-1996 non è andato al di là dell’Adriatico.

E possiamo cogliere i tanti messaggi di queste persone e di queste immagini grazie all’umanità di Agostino Pacciani che non conosco, ma ha fatto a me e a chi come me ha visto la mostra, un grande regalo !!! .


Ciao, Chiara e Sergio

Agostino-reportages.com

Friday, April 13, 2012

JUGOSLAVIA, IT'S THE SAME. Prima parte

Nei giorni scorsi, come sempre accade da quasi 4 anni, c'è piovuta un'altra favola. Si chiama Francesco ed è un ragazzo bellissimissimo, gentilissimo, educatissimo e molto umile. Abbiamo sconvolto la programmazione per dargli spazio perchè cio' che scrive è magnifico e un grosso regalo per tutti noi. Grande Francesco, ti ringraziamo di cuore !


FRANCESCO - Zia, lo sai vado a fare un lavoro in Slovenia?
ZIA - Bravo, bambino! Ma mamma mia, occhio in quei posti...
FRANCESCO - (risata) Perché? Che posti?
ZIA - Mah...non si sa mai da quelle parti là...
FRANCESCO - Macchè! Ljubljana è tranquilla...non te lo immagini com'è...
ZIA - Dove?
FRANCESCO - Ljubljana, zia, Ljubljana...la capitale della Slovenia...
ZIA - Mah...io...mi farebbe un po' effetto...il tuo babbo e la tua mamma son contenti?
FRANCESCO - Sì, zia, vado a girare un film, non vado mica...che ne so...
ZIA - Te fregatene di quello che succede...non ti fare impressionare...gli zingari...lascia perdere... Intanto si sa...stai attento...
FRANCESCO - Ma che dici?
ZIA - Si sa che gente c'è...La Lina me l'ha raccontato...quando rimase inferma chiamarono una badante russa...o polacca, non me lo ricordo...insomma all'inizio sembrava una persona per bene. Poi si accorsero che tutti i giorni andava a aprire il frigo e gli rubava sempre qualche cosa...

Breve dialogo tra me e mia zia. Bar Magnolfi, Piazza S. Francesco, Prato, novembre 2009.
Mettiti un secondo al mio posto, per favore, in quel bar. Non ti farebbe ridere e incazzare da morire la leggerezza e l'incoscienza di tua zia nel parlare di "quei posti"? E quanti, come lei, pensano che da Trieste in là sia una distesa di zingari, badanti e pornostar? Anche tu, del resto, sempre supponendo che tu sia nei miei panni, non la pensavi molto diversamente da lei fino a qualche anno fa. Non ti vergognare, è così.
Intorno a te, il bar è pieno di bambini e li senti correre sui tuoi nervi come fossero sugli scivoli. Tutti quei rumori ti fanno andare fuori di testa. Decidi che è meglio lasciar perdere e non iniziare un discorso troppo lungo e complicato che nemmeno sai dove ti porterebbe. Per di più con tua zia. Allora butti giù l'ultimo sorso di caffè, le dai un bacio e le dici: non ti preoccupare, sono grande. Ciao zia.


E ora, se ti va di fare una riflessione, ti invito a rimanere ancora un po' nei miei panni. Ma non a Prato. Da lì non capiresti niente. Nessuna zia tra i piedi, te lo prometto.
Dopo un mese trascorso a Ljubljana, ti ritrovi a girare gli esterni del film a Pirano, uno splendido paese in cui vedi Venezia in ogni strada e, perché no, qualche riflesso di Bisanzio su qualche facciata, tutto immerso nei colori caldi dell'Istria, che senti anche nella parlata delle signore al mercato, a volte in italiano, spesso in Sloveno. La piazza più grande si affaccia sul piccolo porto del paese e se ti lasci il mare alle spalle, fra i mille tavolini dei caffè, puoi imboccare una delle tante scale che si arrampicano in quel labirinto di case che è il vecchio centro abitato, e sopra il quale spicca una chiesa bianchissima. Questa piazza prende il nome dalla più grande personalità piranese, Giuseppe Tartini, un compositore italiano vissuto nel settecento. A ricordarlo, oltre alla statua al centro della piazza, sono le melodie dei violini che ti avvolgono, ad ogni ora del giorno, se ti capita di attraversare il vicolo che ti porta al piccolo mercato, o se ti siedi a guardare il mare sulla terrazza del caffè del teatro. Tartini era di Pirano ed era italiano, non sloveno. E se ti capita per un secondo di avere un po' di confusione in testa, se davvero non capisci per quale strana combinazione ti ritrovi in Slovenia e senti così tanta Italia intorno a te e non pensi, in quello preciso momento, che sei a tre metri dall'Italia e la vedi lì vicina, se ti volti a destra, e ancor più vicina vedi la Croazia, a sinistra, e se non pensi che prima di te, in quel piccolo promontorio di Pirano, o Piran, se lo vuoi chiamare nel nome slavo, ci sono stati i romani, i veneziani, gli italiani (che ancora ci vivono, seppure in minoranza) e forse anche D'Annunzio, non un italiano a caso, diretto o di ritorno dalla sua Fiume, non da Rijeka, se davvero non pensi a tutto questo, allora forse è meglio se ti chiudi in albergo in attesa di tornare a casa a mostrare le fotografie sul computer di famiglia. E, certo, non ti augurare mai di ritrovarti seduto in altre piazze, ancora più in là, ad est, a cercare di capire quelle città e studiare quelle facce meravigliose così lontane da noi, ma diverse fra loro, e che solo quel Tito e la sua straordinaria e dicutibile grandezza, da molti, troppi, rimpianta, ricordata nelle stampe fotografiche esposte alle bancarelle di tutti i mercatini, sì, proprio quel Tito che al bar Magnolfi e anche a casa tua e in un'infinità di altre case italiane, viene conosciuto come "dittatore", perché così ci è stato detto, proprio quel Tito era riuscito a tenere tutti felicemente uniti per trent'anni sotto un'unica stella. Rossa, fra l'altro.
E invece no, non ti fermi lì.
Fine prima parte
Francesco Borchi

Thursday, April 12, 2012

La Pasqua ortodossa

Quest'anno la Pasqua ortodossa la si festeggia una settimana dopo quella cattolica, cioè sempre dopo la prima luna piena di primavera. (foto: http://www.flickr.com/photos/25749625@N02/)


L'aria di Pasqua la si sente già una settimana prima della Domenica di Pasqua, cioè durante la "settimana delle palme" che è la settimana della sofferenza di Cristo e quindi di magro, che culmina domani, al "veliki petak" (il Venerdi Santo). 

Il Venerdi Santo è il giorno in cui si colorano e decorano le uova.


Pasqua al monastero di Decani 
(foto di Ivan S. Abrams)


Tradizionalmente le uova si colorano con le bucce di diversi tipi di cipolla che danno varie tonalità di rosso, e per decorazione si fermano foglie oppure petali con una garza (o calza di nylon) che si toglie dopo aver tinto le uova nelle cipolle.
La domenica di Pasqua si festeggia con ottime pietanze (finisce il grande digiuno) e uova colorate radunati in famiglia.

Uova colorate a Pancevo (foto di Albert Gonzalez)

Ci si saluta con " Hristos voskrese" (Cristo è risorto) e si risponde con "Vaistinu voskrese" (è risorto davvero) e si va a messa.

Il pranzo di Pasqua è ricco e festoso:
agnello, maialino arrosto, sarme, affettati, salami, salsiccie, pane, tursija, ajvar, cipolle di primavera, focacce, kajmak.....

Con questo post auguro a tutti i miei cari amici ortodossi e alla mia famiglia una buona Pasqua!

Желим свим пријатељима српске православне вере и мојој породици срећне васкршње празнике.
христос воскресе!

Monday, April 9, 2012

Bijelo Dugme live



I Bijelo Dugme (in serbo: Бијело дугме; pronuncia: bielo dugme; traduzione: bottone bianco) sono stati il gruppo rock più famoso della Jugoslavia. Nel corso della loro carriera hanno realizzato tredici album, vendendo più di sei milioni di dischi e segnando la storia musicale degli ultimi decenni della Jugoslavia.
Il gruppo venne fondato da Goran Bregović, che divenne leader della band fino allo scioglimento nel 1989. Bregović aveva frequentato durante l'adolescenza la scuola musicale di Sarajevo per violinisti, dalla quale venne espulso per mancanza di talento. Poco dopo l'espulsione, la madre comprò a Bregović una chitarra, evento che determinò la nascita dei Bijelo Dugme.
Lo scioglimento del gruppo avviene nel 1989: durante l'ultimo tour Islamović viene ricoverato in ospedale per un improvviso dolore al petto, senza che nessun membro del gruppo fosse a conoscenza del suo problema di salute. È significativo notare come lo scioglimento dei Bijelo dugme abbia preceduto di qualche decina di mesi la fine del paese di cui hanno rappresentato uno dei più grandi simboli, la Jugoslavia
La band si è riunita, 16 anni dopo il loro scioglimento, in un ultimo e simbolico tour che ha coinvolto le capitali di Bosnia-Erzegovina, Croazia e Serbia nell'estate del 2005, coinvolgendo tutti i componenti storici tranne Goran "Ipe" Ivandić, che si è tolto la vita in circostanze non chiare. Straordinario il successo di pubblico con 70.000 spettatori a Sarajevo (stadio Koševo) 65.000 a Zagabria (stadio Maksimir) e più di 200.000 a Belgrado (Ippodromo, il più grande concerto tenutosi nell'Europa sud-orientale).
Tratto da Wiky

Bijelo dugme- Bosanac (hipodrom)
Bijelo Dugme - Hajdemo u planine (Live)
Bijelo Dugme - Lipe cvatu, sve je isto ko i lani (Live)
Bijelo Dugme - Ako Ima Boga
Bijelo Dugme - Đurđevdan je a ja nisam s onom koju volim(Live)
Bijelo Dugme - Milicija Trenira Strogocu
Bijelo Dugme - Za Esmu
Bijelo Dugme - Lazes

Thursday, April 5, 2012

La Stella rossa a Bari


Nel Giugno 2002 ero seduta in un bar di Cacak e parlavo con 5 radiomatori serbi che avevo sentito solo per radio fino a quel momento. Era la realizzazione di un sogno durato 3 anni, mi sentivo felicissima anche se molto preoccupata per la situazione familiare che avevo lasciato a casa, ma quelle persone mi stregavano con i loro discorsi nonostante la nostra poca conoscenza dell'inglese. Ci capivamo così bene che solo successivamente e dopo molte domande ho capito perchè : ci volevamo bene ! Di questo affetto sono stati gelosi tutti .. ma tutti tutti. I miei familiari non concepivano il fatto che io andassi in Serbia a conoscere degli amici e da quando abbiamo aperto Balkan crew, sono arrivate una marea di persone a dirmi : se sei italiana non puoi amare i serbi. Ma quale cosa più fantastica mi è mai capitata nella vita dopo la nascita dei miei figli ? E che mondo mi si è aperto nel momento in cui sono stata bannata dal principale blog balkanico ! Qui sono piovute solo favole, ma tante e così tante che benedico chi mi ha bannata perchè altrimenti non avrei incontrato questo universo meraviglioso.
Dal primo momento ho capito che i serbi conoscono bene l'occidente e in quel bar, quel Giugno mi è stato chiesto : l'hai vista la partita della Stella rossa a Bari ? E io credevo di non aver capito bene e gli ho chiesto cos'era la Stella rossa. Credo di essergli scesa di due punti nella loro scala dei valori tanto che al ritorno ho chiesto un po' in giro e qualche italiano sapeva che, essendoci la guerra nei Balkani, la partita di supercoppa era stata giocata in Italia.


BARI La Stella Rossa di Belgrado ha chiesto ufficialmente al comune di Bari di poter giocare allo stadio San Nicola la finale, in partita unica, della Supercoppa europea contro il Manchester United. Gli slavi si erano aggiudicati proprio a Bari la Coppa Campioni battendo il Marsiglia, mentre gli inglesi sono detentori della Coppa delle Coppe. Perdurando la drammatica situazione interna in Jugoslavia, i dirigenti del club campione d' Europa hanno ritenuto opportuno chiedere ospitalità a Bari, ricordando l' eccezionale accoglienza (e il risultato positivo) del maggio scorso quando i ventimila tifosi della Stella Rossa festeggiarono la prima Coppa Campioni di una formazione slava. Il club di Belgrado ha anche fatto sapere che se la situazione interna dovesse rimanere quella attuale nella prossima primavera intende chiedere a Bari anche ospitalità per le partite interne del girone conclusivo di Coppa Campioni. La giunta comunale barese ha già dato l' ok di massima.
La Repubblica


E quella bella esperienza ha dato il via ad altre storie fantastiche.....
Al Amal - Stella Rossa Bari è un' Associazione Sportiva che permetta a ragazzi appartenenti alle differenti comunità migranti presenti sul territorio di giocare a calcio, allenarsi, vivere la città e le sue strutture, con la possibilità di partecipare anche al campionato di terza categoria. La finalità del progetto è il coinvolgimento dei migranti, utilizzando lo sport come buona pratica per la socializzazione, l'inclusione sociale e soprattutto come cassa di risonanza utile alla diffusione di informazioni sulle condizioni in cui versano i migranti nella città di Bari e nel nostro paese.
Al Amal Stella rossa Bari


Stella Rossa - Coppa Campioni 1990-91
European and World Champions 1991 Red Star Belgrade

Wednesday, April 4, 2012

Fishtank Ensemble


La super fantastica Chiara ne ha scovata un'altra !!!

Fishtank Ensemble – An American Gypsy Music Band

Fishtank Ensemble is a leading gypsy music band from California, bringing a unique blend of high-energy, cross-pollinated gypsy (gipsy) and Manouche Jazz music to fans around the world. They have received international acclaim with their wide range of influences including Romanian (Romani), Flamenco gypsy, Balkan, Turkish, Tango and more!

Fabrice Martinez (Francia) - violino gitano e violintromba
Ursula Knudson (Usa) - voce, violino, sega ad arco, banjolele, percussioni, fisarmonica
Douglas Smolens (Usa) - chitarra flamenco
Djordje Stijepovic (Serbia) - contrabbasso

LA Weekly li ha definiti "cross pollinated gypsy music, one of the most thrilling young acts on the planet."

Dalla California portano la loro miscela unica di musica gitana, Gypsy Jazz, Flamenco, balcanica e Tango influenzata dalla world music.
Dal vivo una botta energetica di ritmi balcanici, cantato gipsy, chitarra flamenco e contrabbasso "slappato" rockabilly.

Formati nel 2005, suonano ovunque dai club più esclusivi di Los Angeles, festival, centri culturali, musei, sfilate, e persino per la strada , il gruppo comprende due violini esplosivi, uno dei migliori contrabbassisti "slap" al mondo, chitarra gitana, flamenco e jazz , trombone, lirica, jazz e voce gitana, fisarmonica e un banjolele.
La loro musica è il risultato della promiscuità tra un furente jazz francese, selvagge musiche popolari serbe e delle Transilvania, Flamenco.
Stravaganti, originali e frenetici dal vivo: world music con l´acceleratore al massimo.
La dinamica, la virtuosistica, di questo quartetto di fuoco ha origine dalle differeti radici dei componenti, sia dal proprio background musicale vario sia dalla nazionalità , nonchè dalle loro avventure e viaggi.

La vocalist Ursula ha cantato l´opera lirica per le strade e le piazze d´Italia fino ad innamorarsi della musica gitana: la sua tecnica spazia dalla lirica al canto gitano.
Nel 2004 si è classificata seconda all´International Saw Festival: festival incentrato sul suono e la cultura della sega ad arco.
Canta indifferentemente in 8 lingue diverse, comprese 3 lingue gitane.
Fabrice Martinez, il violinista francese, ha viaggiato per tutta l´Europa in una roulotte trainata da un mulo per dieci anni, raccogliendo musiche popolari.
Djordje Stijepovic, bassista serbo, ha speso tempo a suonare con gli zingari e anche con alcune delle leggende rock and roll (Lemmy dei Motorhead e Slim Jim Phantom dei Stray Cats) e difende la sua reputazione di miglior contrabbassista "slap" al mondo.
Mentre Douglas Smolens, chitarrista, un maestro del flamenco e della chitarra jazz zingara, ha affinato le sue conoscenze nelle caverne degli zingari di Granada in Spagna.


Samurai over Serbia

Fishtankensemble

Monday, April 2, 2012

Jugoschegge


Buongiorno sono Giacomo Scattolini, mi permetto di disturbarla per segnalare che ho curato, insieme a Tullio Bugari, il seguente libro pubblicato da Infinito Edizioni:

Tullio Bugari – Giacomo Scattolini
JUGOSCHEGGE
Storie e scatti di guerra e di pace

Il libro contiene di interventi di:

Ennio Remondino – inviato RAI
Mario Boccia – fotoreporter
Alessandro Gori – giornalista
Luca Rastello - giornalista scrittore
Silvia Maraone – cooperante

Prefazione Massimo Cirri – conduttore radiofonico “caterpillar”
Introduzione Agostino Zanotti – cooperante


Due decenni dopo l’inizio della guerra che ha frantumato la Jugoslavia, sette protagonisti del “prima” e del “dopo” – Mario Boccia, Ennio Remondino, Luca Rastello, Alessandro Gori, Silvia Maraone – raccontano i “loro” Balcani a due viaggiatori che dei Balcani hanno fatto
ragione di vita. Giacomo Scattolini completa l’opera con una raccolta di fotografie a colori prese durante la guerra e poi scattate nuovamente due decenni dopo e messe a confronto, per raccontare gli estremi urbani di devastazione e ricostruzione.

Jugoschegge.it

TRASLOCO

  In foto la statua di Ivan Mestrovic, lo scultore croato che ama lavorare per la Serbia Ci siamo trasferiti in 5 altri siti Uno si chiama  ...